Immersi nella Deep Forest

L’installazione di ecoLogic Studio, tra tronchi di betulla, alghe, miceti e fondi di caffè

Parole di Debora Vitulano | Immagini di Deep Forest at Louisiana Museum of Modern Art | Marzo 2025

© Rasmus Hjortshøj

«Addentrarsi in una foresta significa perdersi nella molteplicità di processi interconnessi che ne definiscono l’esistenza e, con essa, la nostra stessa identità. Nel mondo contemporaneo, questi processi sono al tempo stesso biologici e digitali: noi e la foresta siamo reti cibernetico-organiche.» Così Claudia Pasquero, co-fondatrice di ecoLogicStudio insieme a Marco Poletto, descrive Deep Forest, l’installazione realizzata per il Louisiana Museum of Modern Art. Situato a Fredensborg, trentacinque chilometri a nord di Copenaghen, il museo danese ha commissionato ad ecoLogicStudio questo progetto come parte della mostra Living Structures, aperta ai visitatori tra novembre 2024 e marzo 2025.
Deep Forest è il risultato di anni di ricerca e sperimentazione nell’ambito del bio-digital design e del design spaziale. Marco Poletto ci ha accompagnati alla scoperta di questa foresta del futuro, che vuole ricostruire il legame fra uomo e natura.

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Deep Forest: architettura sostenibile basata su riciclo e integrazione di sistemi biologici

ecoLogicStudio è uno studio di architettura e design innovativo specializzato in biotecnologie per l’ambiente fondato a Londra nel 2005 dai due italiani. «Ci siamo sviluppati nell’intersezione fra l’architettura e la biotecnologia, poi negli anni abbiamo cominciato a collaborare anche con realtà museali e culturali», spiega Marco. «Faccio sempre fatica a categorizzare il nostro lavoro, perché è per definizione multidisciplinare. In linea di massima ci occupiamo della progettazione dello spazio tridimensionale o anche quadridimensionale, se aggiungiamo i processi dinamici di coltivazione degli organismi viventi che integriamo negli spazi abitativi e industriali. Il nostro obiettivo è introdurre nuovi modelli di circolarità e sostenibilità nella vita urbana attraverso il design e l’architettura».

Deep Forest ne è il perfetto esempio. L’installazione – che ha richiesto due anni di lavoro – utilizza materiali reperiti localmente. Centodue tronchi di betulla recuperati nei dintorni del museo creano un ambiente immersivo che replica quello naturale della foresta, attraversato da vari percorsi. Venti biodegradatori stampati in 3D, prodotti con biopolimeri a base di alghe e riempiti con trecento chili di fondi di caffè, fungono da alberi sintetici. Questi sono colonizzati da micelio vivente, che cresce e consolida la struttura, permettendo la creazione di forme architettoniche biologicamente attive. Il micelio è la parte vegetativa dei funghi, costituita da un intreccio di filamenti chiamati ife, che genera una rete sotterranea o superficiale e svolge un ruolo fondamentale negli ecosistemi, poiché decompone la materia organica, favorisce il riciclo dei nutrienti e stabilisce connessioni simbiotiche con le radici delle piante. Quarantaquattro reattori fotosintetici in vetro contengono cianobatteri e alghe marine, reperite in loco, capaci di catturare seicento grammi di CO₂ al giorno, l’equivalente di una piccola foresta matura.

© Rasmus Hjortshøj

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Design spaziale e internet delle foreste: riportare il digitale nella natura per ripensare il futuro

Con Deep Forest ecoLogicStudio vuole dimostrare «che è possibile utilizzare l’ecosistema per naturalizzare il nostro approccio architettonico, invece di realizzare un’architettura che si ispira alla natura per poi meccanizzarla e astrarla. Ci piace parlare di tecnologia della natura, vale a dire guardare alla natura non come antitesi del costruito, bensì come modello di nuova tecnologia del vivente. Lavoriamo per capire come il nostro mondo artificiale e tecnologico possa diventare un nuovo tipo di natura. Con l’avvento del digitale, il design viene sempre più spesso proiettato su interfacce bidimensionali. Paradossalmente, lo spazio tridimensionale è una dimensione quasi dimenticata, anche nelle mostre dominano i grandi schermi. Con Deep Forest vogliamo recuperare l’esperienza fisica, materiale. La parola deep si riferisce proprio alla nuova dimensione che si sta aprendo fra il vivente da un lato e le nuove tecnologie dall’altro. Una dimensione di creatività biologica e digitale, che secondo noi deve essere fruita in uno spazio tridimensionale, altrimenti la mente e il corpo umani perdono la capacità di evolvere. Vedere una foresta fisica non è come vederla in un film. Immaginare il futuro solo attraverso l’IA è diverso da farlo immergendosi in ambienti da cui imparare e con cui co-evolvere».

© Rasmus Hjortshøj

La foresta diventa l’esempio di un mondo fatto di connessioni, che ecoLogicStudio definisce “l’internet delle foreste”: «il digitale, inteso come computazione, è qualcosa di astratto che si può ritrovare nella natura e nei nostri stessi organismi. L’odierna industria digitale è nei metodi ancora un’estensione della prima rivoluzione industriale: un’industria estrattiva, che non ha il benessere dell’uomo e del pianeta come obiettivo. Se oggi il digitale ci disconnette dalla natura è perché l’industria che ne tiene le redini non ha interesse a fare altri altrimenti. Eliminare il digitale dalle nostre vite sarebbe ormai impossibile, ma si può recuperare un rapporto spaziale col digitale, ritrovarlo nel mondo vivente, ed è proprio ciò che Deep Forest si prefigge di fare. I network di miceli che connettono le radici degli alberi rappresentano un sistema di comunicazione tramite scambio di segnali biochimici. È ciò che ci piace chiamare computazione biologica».

Deep Forest è solo uno dei progetti che ecoLogicStudio sta portando avanti per dare visibilità, attraverso il design, a organismi poco conosciuti, come i miceli e le alghe, «che agiscono di nascosto, ma su cui si regge la biosfera». Per Claudia e Marco «la sostenibilità deve essere vista come una nuova rivoluzione industriale. L’unico modo per progettare un mondo realmente sostenibile è immaginarsi dei nuovi modelli di produzione, diversi da quelli dell’industria tradizionale».

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Debora Vitulano

Redattrice

Giornalista, scrittrice, traduttrice ed editor freelance, vive tra Parma e Mantova. Italo-russa, è appassionata di linguistica, letteratura, musica, arte e moda. Pratica yoga, le piace viaggiare e ama la natura e gli animali.

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