In Giappone, nel Tempio del Muschio

Nel giardino Kokedera si medita tra sutra e ruscelli

Parole e immagini di Elisa Guerzoni | Maggio 2025

Kyoto, antica capitale del Giappone, attira ogni anno milioni di visitatori. I suoi templi, i padiglioni dorati, i ciliegi in fiore e le geishe di Gion affollano l’immaginario collettivo e gli itinerari turistici. Ma basta allontanarsi di poco dalle mete più iconiche per trovare luoghi dove il tempo scorre ad un altro ritmo.

Nascosto tra le colline a ovest della città, non troppo lontano dall’affollata foresta di bambù di Arashiyama, il tempio Saihō-ji – noto anche come Kokedera, il Tempio del Muschio – accoglie silenziosamente una manciata di visitatori al giorno. Qui non si viene per scattare fotografie da postare sui social, ma per ascoltare e, soprattutto, rallentare.

Il tempio Saihō-ji ospita un antico giardino zen, ricoperto da oltre 120 varietà di muschio. L’ingresso è contingentato: poco più di dieci persone per turno, con prenotazione obbligatoria da fare con settimane di anticipo. Non è un turismo frettoloso. Si entra in punta di piedi, uno alla volta.

La visita comincia nel cuore del tempio, in uno degli edifici in legno immersi tra alberi ad alto fusto e ghiaia rastrellata. In silenzio, ciascun visitatore si siede davanti a un tavolo di legno basso e, con un pennello e l’inchiostro nero, si immerge nella copiatura a mano di un sutra, ovvero di una preghiera buddhista scritta in caratteri kanji. Una meditazione lenta, concreta, che prepara lo spirito all’incontro con il giardino. Una volta terminata la trascrizione, si può decidere di lasciare il sutra in dono al tempio oppure di portarlo a casa con sé come talismano o, semplicemente, per avere un souvenir autentico e diverso dal solito. A quel punto, comincia la visita.

Una volta entrati, lo sguardo incontra un tappeto verde che si distende tra alberi, rocce, ponti e sentieri. Il muschio, protagonista assoluto, si arrampica sui tronchi, si insinua tra le pietre, avvolge tutto con la sua consistenza umida e vellutata. Beneficia di una cura invisibile, fatta di tempo, pioggia e pazienza. Il giardino si sviluppa attorno a uno stagno centrale a forma di kokoro, carattere giapponese che significa “cuore”.

Non c’è un itinerario o un tempo prestabilito. Il visitatore è libero di vagare al suo interno seguendo uno dei sentieri, perdendosi e ritrovandosi, cambiando rotta o semplicemente fermandosi ad osservare il paesaggio.

La quiete è profonda. Non ci sono cartelli, non ci sono percorsi obbligati, nessuno parla. L’unico rumore è quello delle foglie, dei passi lenti sul sentiero, che si confondono con il fruscio delle canne di bambù ed il gorgogliare dei ruscelli che si snodano nel parco. Il tempo perde i suoi contorni quotidiani e assume quelli meno frenetici della contemplazione. Camminando tra i muschi – piatti, a cuscino, a stella – si ha la sensazione di entrare in un luogo che non chiede nulla, se non presenza.

Originariamente dimora secondaria del principe Shotoku, fu il sacerdote Gyōki Bosatsu nel Settecento a trasformare il sito nel Saihō-ji, letteralmente “tempio dei profumi dell’ovest”. Inizialmente luogo di culto della scuola Hossō, nel periodo Kamakura divenne un tempio della scuola Rinzai, e nel 1339 fu completamente rinnovato da Musō Soseki, celebre maestro zen, poeta e paesaggista. Sotto la sua guida, Saihō-ji venne trasformato in un raffinato tempio zen con un giardino pensato come luogo di meditazione e contemplazione. Nel corso dei secoli fu danneggiato da incendi, guerre e allagamenti, e solo nel XIX secolo il muschio cominciò a colonizzare naturalmente il giardino, dando origine al paesaggio che oggi lo rende celebre nel mondo.

Aperto al pubblico dal 1928, nel 1994 Saihō-ji è stato riconosciuto come Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO, e oggi accoglie i visitatori con estrema discrezione. Oltre alla copiatura dei sutra, il tempio organizza attività di meditazione su prenotazione, in piccoli gruppi, con l’intento di preservare l’autentico spirito del luogo e favorire un’esperienza di raccoglimento profondo.

Nel 2031 il tempio Saihō-ji celebrerà i 1300 anni dalla sua fondazione e si sta preparando a questo traguardo con un progetto ambizioso. Antichi testi e dipinti suggerivano l’esistenza di lunghi canali che attraversavano il giardino per confluire nello stagno centrale. Oggi queste ipotesi trovano conferma nei recenti ritrovamenti di strutture sotterranee di oltre 30 metri che indicano la presenza effettiva di quei canali. L’intervento in corso punta a recuperarli e ristrutturarli, restituendo al giardino l’aspetto che doveva avere al momento della sua fondazione.

Oggi come ieri e anche domani, a Kokedera tutto invita a rallentare. I muschi parlano di umiltà e resilienza, di trasformazione silenziosa e costante. Camminando tra i suoi sentieri si ha la percezione che la natura non sia qualcosa da osservare, ma qualcosa a cui appartenere. Un invito gentile, che resta sotto pelle anche molto tempo dopo aver lasciato il tempio.

Elisa Guerzoni

Redattrice

Emiliana doc, viaggiatrice compulsiva e ballerina wannabe. Laureata in Editoria e Giornalismo, ama la fotografia, la pizza e i tulipani. Ad eccezione dei concerti (che adora), ad una serata chiassosa spesso preferisce una cioccolata calda ed un libro.

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