Leonardo e la sua vigna, recuperata grazie al DNA
Le viti che Da Vinci studiava per capire il cambiamento climatico, rinate a Casa degli Atellani
Parole di Debora Vitulano | Dicembre 2024
© Massimiliano Maccarone
Nel centro storico di Milano sorge una villa quattrocentesca che racchiude un verde segreto. Si chiama Casa degli Atellani, è una dimora storica che risale all’epoca di Ludovico il Moro e si trova in corso Magenta, di fronte al convento di Santa Maria delle Grazie. Qui gli antichi proprietari ospitavano sontuose feste e banchetti per la corte sforzesca, tra affreschi e pareti di legno intarsiate. Ma la vera chicca era all’esterno, nel giardino monumentale, dove sorgeva la vigna del genio Leonardo da Vinci, che durante il suo periodo milanese proprio a Casa degli Atellani aveva soggiornato.
In occasione dell’Expo di Milano 2015 la vigna è stata riportata alla luce con un reimpianto filologico, frutto della collaborazione tra la Facoltà di Scienze Agrarie dell’Università degli Studi di Milano e il professor Attilio Scienza, esperto internazionale di viticoltura che ci guiderà alla scoperta di questo interessante progetto. Sarà lui a ripercorrere per noi gli eventi storici che da Leonardo ci portano al tempo presente.
© Professor Attilio Scienza
L’amore di Leonardo da Vinci per la sua vigna
Verso la fine del Quattrocento, Leonardo lasciava Firenze e si trasferiva a Milano, per lavorare al Cenacolo nel refettorio della chiesa di Santa Maria delle Grazie, su commissione di Ludovico il Moro. Nel 1498, il mecenate lo ricompensò per la fine dei lavori donandogli un terreno di circa un ettaro coltivato a vigneto.
L’interesse di Leonardo per la vigna si accompagnava a quello per il cambiamento climatico che si stava verificando in Europa, chiamato la “piccola glaciazione”. Nel Codice Atlantico l’artista rifletteva sull’impatto che questa ha sul ritmo di deposizione della lignina nelle cortecce di alcune specie arboree. Inoltre, da alcune testimonianze sappiamo che seguiva attentamente i report provenienti dai monasteri benedettini della Borgogna, dai quali intuiva che le epoche di vendemmia stavano cambiando a causa dell’abbassamento delle temperature.
La vigna gli offriva la possibilità di osservare questo fenomeno da vicino, ma nel 1500 fu costretto a lasciarla per fuggire dall’invasione francese e nel 1506 acconsentì a tornare a Milano solo a patto che gli venisse restituita. Nel suo testamento Leonardo avrebbe citato la vigna come suo unico bene immobile e l’avrebbe lasciata in eredità a Salaj e Giovanbattista de Villanis, due dei suoi allievi e collaboratori più fedeli.
Una vigna capace di sopravvivere al tempo e alle guerre
La vigna di Leonardo rimane vitale nei secoli grazie alla propagazione vegetativa per propaggine, che ne mantiene inalterato il genotipo: «ne sono prova le foto che nel 1920 l’architetto e storico dell’arte Luca Beltrami pubblica su Il corriere vinicolo», puntualizza il professor Scienza. Purtroppo però, nell’agosto del 1943, venne colpita dalle bombe incendiarie statunitensi. Divampò un incendio che cancellò completamente il fusto e le foglie delle viti, ma non ciò che stava sottoterra: «i proprietari di Casa degli Atellani utilizzarono le macerie del bombardamento per risistemare il giardino, che venne alzato di un metro. Questo intervento si rivelò provvidenziale, poiché aiutò a proteggere le radici, tuttavia sopra non rimase nulla, si creò un nuovo giardino».
© Massimiliano Maccarone
La vigna di Leonardo rinasce grazie alla biologia molecolare
In occasione dell’Expo Milano 2015 l’allora sindaca Letizia Moretti decise di ripristinare la vigna di Casa degli Atellani per omaggiare Leonardo: «Come prima cosa abbiamo ricostruito le fattezze del vigneto originale grazie a una mappa disegnata dallo stesso Leonardo. Poi abbiamo avviato gli scavi e trasportato camion e camion di terra nella nostra azienda sperimentale di Lodi, per setacciarla alla ricerca di radici. Analizzandone il DNA, siamo riusciti a trovare dei frammenti di radici originali». A questo punto, occorreva scoprire il tipo di vite: «Abbiamo utilizzato la tecnica del barcoding, impiegata anche nelle indagini di polizia. Con pochi marcatori molecolari – tratti di DNA – prelevati da residui organici consente di ricostruire la sequenza dei geni. Abbiamo poi confrontato il risultato con una sessantina di erbari di orti botanici e musei italiani, più dieci istituzioni europee, fra cui i Royal Botanical Gardens di Londra-Kew, la Linnean Society, l’erbario dell’Università di Cambridge e quello dell’Università di Wageningen». Si trattava di Malvasia di Candia aromatica: «È un vitigno caratteristico dei colli piacentini e una delle diciassette Malvasie iscritte al Registro Nazionale delle Varietà e autorizzate alla coltivazione in Italia. Il punto di partenza comune per molte di queste varietà è il porto di Monemvasia, piccola cittadina del Peloponneso. I Veneziani scoprirono questo vino nel corso della IV Crociata e si misero a produrlo sull’isola di Creta, allora Candia. Quando, nel 1666, l’impero ottomano conquistò l’isola, Venezia spostò la produzione lungo le coste del fiordo adriatico. Nacquero così le Malvasie aggettivate dal nome del luogo di produzione, del colore delle bacche o dalla loro più o meno spiccata aromaticità. Sebbene fosse logico pensare che il vitigno di Leonardo fosse di origine greca, mediante un lavoro di ricerca delle fonti storiche abbiamo scoperto che Candia è anche il nome di un paese in Lomellina di cui Giacometto della Tela, ossia Atellani, era podestà». Per reimpiantare la vigna in tempo per l’Expo, si utilizzò la tecnica delle margotte: «Era l’autunno del 2013 e in un anno non sarebbe stato possibile far crescere un vitigno da zero. Questa antica tecnica sfrutta la capacità che la vite ha di produrre facilmente radici se il tralcio viene messo al buio con della terra intorno. In collaborazione con un produttore di Malvasia di Candia della Val d’Arda siamo riusciti a ricavare delle piante da invaso, che abbiamo poi piantato nel giardino degli Atellani».
© La Vigna di Leonardo
Il vino di Leonardo fa beneficenza
Al momento la vigna di Leonardo è chiusa al pubblico, poiché Casa degli Atellani è stata recentemente acquistata dall’imprenditore francese Bernard Arnault, ma il progetto non si è fermato all’Expo. Nel 2018 la prima vendemmia della vigna di Leonardo ha dato i suoi frutti, poi vinificati in anfore di terracotta ipogee secondo il metodo medievale. Il vino così prodotto, La Malvasia di Milano, è stato raccolto in 330 decanter, realizzati da Alberto Alessi sulla base di un disegno di Leonardo. Nel 2021 le prime tre bottiglie sono state battute all’asta e il ricavato è stato interamente devoluto a sostegno dei progetti del laboratorio di Ricerca Matilde Tettamanti, per la diagnosi e il monitoraggio delle anomalie genetiche nei bambini italiani affetti da leucemia.

Debora Vitulano
Redattrice
Giornalista, scrittrice, traduttrice ed editor freelance, vive tra Parma e Mantova. Italo-russa, è appassionata di linguistica, letteratura, musica, arte e moda. Pratica yoga, le piace viaggiare e ama la natura e gli animali.