Nel Bosco ritrovato di Villa Valmarana

A Vicenza, tra cedri secolari e la pagoda cinese

Parole di Ilaria Torresan | Immagini di Stefano Franzon | Aprile 2025

Quante storie vedono le piante e quante ne possono raccontare? Le piante del Bosco di Villa Valmarana ai Nani a Vicenza – che si potrà visitare sabato 26 e domenica 27 aprile, in occasione del festival Interno Verde – custodiscono tanti ricordi, alcuni che arrivano dal passato, altri invece più vicini al presente.
Ad esempio il tasso, che è un albero molto longevo (alcuni esemplari raggiungono addirittura i 3000 anni), potrebbe raccontarci dei proprietari di questa villa, la famiglia Valmarana, che ci vive dal 1720.
Magari questo tasso ha pure visto passeggiare sotto la sua ombra il pittore veneziano Giambattista Tiepolo, quando assieme al figlio Giandomenico nel 1757 venne chiamato in villa per affrescare le sale della palazzina e della foresteria, ancora ben visibili, testimoni del gusto e della vita mondana dell’epoca.
Qui però ci sono anche alberi che raccontano storie più recenti, perché introdotti durante i restauri da poco conclusi, finanziati dal PNRR.
La garden designer Silvia Lignana, che assieme all’agronoma Giulia di Thiene si è occupata del progetto di riqualificazione, ci accompagna a scoprire queste vicende.

Dando un prima occhiata al bosco si nota subito una piccola struttura a base centrale, con un tetto spiovente, quasi a punta, dagli spigoli leggermente curvati verso l’alto, sorretto da colonnine. Si tratta della Pagoda, una struttura tipica dell’architettura orientale. Guardando più attentamente, si nota come la combinazione di piante che la circondano non sia casuale: c’é un cedro dell’Himalaya, una sofora japonica pendula e vari iris japonica. Il tappeto erboso tutto attorno è di convallaria, tipica tappezzante dei giardini di ispirazione orientale. Tutti questi elementi suggeriscono che la vegetazione attorno alla Pagoda riflette la moda dell’orientalismo, esotismo che a partire dal Seicento aveva cominciato a diffondersi tra le famiglie nobiliari d’Europa, che riempivano le proprie stanze con mobili e soprammobili dalle decorazioni di gusto orientale. Inoltre, tra i sopracitati affreschi del Tiepolo, nella foresteria, c’è una sala chiamata proprio “delle cineserie”: è una conferma della fascinazione che la famiglia Valmarana provava verso questa estetica, che non si ferma solo all’oggettistica, ma va a riflettersi anche sugli ambienti esterni.
Tuttavia, più che le sale affrescate della villa sono stati di fondamentale importanza per la ricostruzione storica del bosco gli acquerelli di Elena Garzadori, nobile donna vissuta a cavallo tra il Settecento e l’Ottocento, che sposò il fratello di Giustino Valmarana, l’erede Valmarana che commissionò gli affreschi della villa.

Mentre camminiamo, Silvia Lignana ci indica i tanti alberi che popolano il bosco, riportando vari aneddoti. Salta all’occhio un albero dalla corteccia inclinata, quasi in orizzontale: si tratta di un bagolaro, o meglio, un Celtis occidentalis: «il bagolaro tende sempre a inclinarsi, cambiare percorso. Perché è una pianta proveniente dall’America, però è molto sensibile alle gelate. D’inverno i rami apicali si seccano e quindi ha la tendenza a crescere più in orizzontale che in verticale. Se vedete una pianta storta, sarà probabilmente un bagolaro». E se c’è un Celtis occidentalis, esiste anche un Celtis australis: «quello che si chiama Celtis australis viene dalla parte orientale dell’Europa ed è il bagolaro che noi conosciamo solitamente». Se vogliamo distinguerli però, possiamo fare fede a quello che ci dice la corteccia: «la corteccia parla da sola: vedete che qui nell’occidentalis è molto solcata. Invece la corteccia del bagolaro australis è grigia e abbastanza liscia, quindi si riconosce abbastanza bene. Gli alberi, quando non hanno le foglie, sembrano tutti uguali, ma guardandoli con attenzione sono molto diversi».
Alcuni di questi, spiega Silvia Lignana, sono stati integrati nel restauro, con l’obiettivo di creare maggiore biodiversità: «oltre a quelle esistenti sono state inserite altre 200 specie. Inoltre ci siamo occupate dell’arricchimento del sottobosco: infatti, se si guardano le foto pre-restauro, il sottobosco era praticamente inesistente, c’era solo una minima parte di componente arbustiva, la componente erbacea era molto scarsa, quindi l’abbiamo incrementata. Questo ha fatto sì che anche il sottobosco spontaneo venisse stimolato da questo intervento, perché abbiamo poi avuto delle sorprese».

Il tema della biodiversità si affronta anche nel Nido, una struttura in legno che si affaccia nel paesaggio collinare dei monti Berici, in cui é stato inserito un dispositivo audio, che si attiva tramite sensori. Da qui, oltre a poter godere del magnifico panorama, dove la campagna e le architetture classiche delle ville venete trovano la loro armonia, si possono ascoltare e riconoscere i suoni di diversi uccelli, da quelli locali che bazzicano negli alberi vicini a quelli di luoghi molto più lontani. Silvia ci ha anche fatto ascoltare il suono della foresta pluviale al suo risveglio: «sentite che c’è un suono di fondo molto importante. E tanti, tantissimi differenti suoni. Quindi c’è biodiversità. Vuol dire che l’ambiente, si può capire anche dal punto di vista sonoro, è ricco di animali. Si capisce anche quanto è importante proteggere questi luoghi. Perché noi non siamo più così fortunati. Quando ci muoviamo in questo giardino sentiamo qualche uccellino, ma non abbiamo la possibilità di udire così tanti suoni diversi contemporaneamente».
La garden designer specifica che questa installazione è pensata per insegnare a riconoscere i diversi versi degli uccelli, sia dai più piccoli, ma anche dai più grandi, perché è sempre più raro e difficile trovare diversità di volatili nelle città.

C’è però un frequentatore assiduo del Bosco di Villa Valmarana: è il picchio, che per diverso tempo è stato particolarmente goloso del legno della Pagoda. Adesso il suo albero preferito si può scorgere un po’ più in là, proprio sopra gli orti. Anche questi ultimi sono un’integrazione fatta con i fondi del PNRR. In questa porzione di terrazzamento c’era un orto tradizionale, coltivato a terra, che é stato rialzato, ovvero é stato portato dentro a delle vasche con una parte centrale rientrata, un accorgimento pensato pensato per le persone con mobilità limitata, perché permette di lavorare la terra anche da seduti.

Le vasche degli orti sono realizzate con materiali recuperati dallo stesso giardino: i bordi sono rivestiti con delle canne di bambù, il fondo è fatto con del cippato ricavato dagli alberi pericolanti, tagliati durante i restauri. Sempre con l’idea di recuperare tutto ciò che il Bosco poteva offrire, il tronco di un cedro abbattuto è stato sagomato a pezzi per ricavare delle sedute. Il suo ceppo è diventato un’installazione multimediale dove si possono ascoltare i suoni di alcuni strumenti musicali di legno, dal classico violino al più esotico didgeridoo, strumento a fiato degli aborigeni australiani, che si ricava da un ramo di eucalipto il cui interno è stato mangiato dalle termiti: «il ceppo invita a riflettere su come l’uomo ha usato il legno: per costruire, ma anche come strumento di bellezza.

Durante le giornate di Interno Verde Vicenza, il Bosco di Villa Valmarana sarà visitabile mostrando all’ingresso – in via della Rotonda – il braccialetto del festival. Il programma inoltre comprenderà varie visite guidate, su prenotazione, per chi vuole approfondire la storia della residenza e per chi vuole essere accompagnato nel bosco dai professionisti che l’hanno progettato.

La mappa e il programma del festival sono già online, clicca qui per scoprirli.

Ilaria Torresan

Redattrice

Appassionata di arte, architettura, design, musica e cinema, crede nel valore sociale della cultura, specie quando si tratta di preservazione ambientale. Non ha il pollice verde, ma ama i fiori e le piante di suo papà. Nel tempo libero parla ai microfoni.

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