Il carcere delle fragole
A Piacenza, nella serra idroponica coltivata dai detenuti
Parole di Clelia Rudari | Immagini di Emma Gandolfi | Giugno 2024
Ci troviamo nella casa circondariale di Piacenza, è un soleggiato sabato di maggio, i più suggestivi giardini del centro storico sono eccezionalmente aperti al pubblico per la seconda edizione di Interno Verde. Anche questo spazio, un grande complesso collocato appena fuori dalla città, fa parte dell’evento: per la prima volta, in occasione del festival, sarà possibile visitare gli orti e le serre coltivati oltre le recinzioni.
Il carcere delle Novate ospita 410 detenuti, principalmente maschi, che solitamente restano in struttura per periodo breve, la media è di tre anni. Come trascorrere in modo proficuo questo tempo? Non sono pochi i condannati che hanno ritrovato la voglia di mettersi in gioco grazie alla coltivazione e alla manutenzione del verde. I reclusi hanno infatti la possibilità di trovare un avvicinamento alla vita esterna e al fine pena, formandosi e prestando la propria manodopera negli orti e nelle serre.
Il direttore della struttura, Gabriella Lusi, introduce la passeggiata spiegando che il progetto rappresenta un’opportunità che non deve essere data per scontata: «queste aree verdi si configurano come un luogo di recupero e di benessere, ma sono anche un’occasione di lavoro, serve impegno e responsabilità per esservi ammessi».
Si apre così, appena entrati all’interno della cinta muraria, una piccola area colorata e piena di rose. All’interno vi sono due grandi edifici e due rispettivi spazi aperti. Il primo orto è stato avviato dalla cooperativa sociale L’Orto Botanico nel 2017, il secondo invece è quello dedicato all’autoconsumo dei prodotti.
Fabrizio Ramacci, presidente della cooperativa, spiega che la coltivazione viene seguita da un detenuto nel periodo che va da marzo a novembre. La persona viene selezionata e incaricata grazie all’articolo 20 dell’ordinamento penitenziario, che a fronte di determinati requisiti concede la possibilità di impegnarsi lavorativamente, all’interno e all’esterno della struttura, e quindi essere remunerati per le ore svolte. «Questo strumento offre grandi benefici, perché permette al detenuto di sistemarsi economicamente, può quindi sia aiutare i propri famigliari che affrontare meglio l’esperienza del reinserimento sociale, quando sarà uscito», spiega Fabrizio, mostrando le belle verdure che nascono dai solchi del terreno. «Tuttavia trascorrere del tempo qui non fa bene solo alle tasche, serve a liberare la mente. Certo è faticoso ma permette di godere dell’aria aperta e i benefici terapeutici che riesce a portare al termine del percorso sono significativi».
© Libertà.it
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L’orto è punteggiato di varie insalate, abbondanti pomodori, zucchine e melanzane. Le verdure vengono vendute al pubblico nel chioschetto di legno, allestito appena prima del cancello di ingresso, ma non solo: possono essere acquistate nel supermercato della casa circondariale, secondo un sistema economico interno, utilizzando soldi scalati dai fondi personali. «Il chiosco esterno serve soprattutto per avvicinare le persone, quindi la comunità piacentina, a questa realtà. In tanti in questi anni hanno avuto modo di affezionarsi al progetto, ci tengono a sostenerlo e sono contenti di portare in tavoli i suoi frutti».
Addentrandosi nella seconda area verde troviamo una serra e un orto didattico, dove lavorano i detenuti studenti, ovvero persone che hanno deciso di iscriversi a scuola, per sfruttare in modo positivo il tempo della pena. Il progetto è stato avviato grazie alla collaborazione dell’Istituto Raineri, che ha aperto qui una sezione dell’Istituto professionale per l’agricoltura e l’ambiente. Qui dunque si svolgono le lezioni degli insegnanti e si curano le piante dell’orto, i fiori e le erbe aromatiche. L’odore della lavanda si spande dappertutto, a terra crescono i broccoli, i cavolfiori, le zucchine e i pomodori, che non mancano mai. Di solito sono due i detenuti impegnati in quest’area e non ci restano molto tempo, perché sono prossimi alla scarcerazione. Gli ortaggi vengono principalmente consumati nella mensa interna, quindi adoperati per realizzare le ricette del vitto quotidiano, preparate in due grandi cucine (ogni cucina è in grado di servire circa 200 coperti per volta).
© Libertà.it
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Si arriva infine al pezzo forte, ovvero alla stupefacente e affascinante serra delle fragole, collocata fuori dall’intercinta, che produce circa 4mila chili di prodotto all’anno.
Qui troviamo piante di more e soprattutto di fragole, coltivate fuori suolo. Interessante e innovativa è la tecnica utilizzata, quella della coltivazione idroponica, che consiste nell’inserire le piante in sacchi di terreno sopraelevati, che consentendo di controllare e gestire meglio la produzione del frutto. Le fragole che escono dai sacchi sono grandi e dolci, pronte per essere raccolte. Vengono anch’esse vendute nel chiosco ma si possono acquistare anche nei supermercati Coop della zona, come l’Ipercoop Gotico, contraddistinte dal marchio Ex-Novo.
«L’insieme di queste attività riescono, in modo efficace e sostenibile, ad aiutare i detenuti», conclude Ramacci. «Perché da un lato facilitano la riconciliazione con quella che era la vita quotidiana prima della reclusione, dall’altro lato offrono loro l’opportunità di reinserirsi socialmente con più facilità al termine della pena. Ai cittadini piacentini il progetto non offre solo buoni prodotti da portare a casa, ma l’opportunità di crescere nell’accoglienza, essere più consapevoli ed empatici, perché c’è sempre qualcosa da imparare, anche da chi purtroppo ha commesso degli errori».
Clelia Rudari
Redattrice
Emma Gandolfi
Illustratrice