Quando il giardino è al sesto piano
Come si crea una verdissima terrazza? Intervista al progettista Roberto Landello
Parole di Licia Vignotto | Luglio 2025
Per chi abita in città poter disporre di un giardino, per quanto piccolo e striminzito, è di certo un grande lusso. Terrazze e balconi sono sicuramente più accessibili e comuni: li si incontra nel grattacielo scintillante, appena inaugurato, come nel classico condominio popolare, mezzo sgrattuggiato dal tempo e dalle intemperie, re incontrastato della periferia urbana. Non è strano quindi che – in un momento storico come questo, caratterizzato da una crescente e pervasivo desiderio di natura – sempre più persone scelgano di esprimere il proprio pollice verde al terzo, al quarto, al sesto… al decimo e al quindicesimo o piano.
Per capire come allestire al meglio il proprio eden personale, sospeso in altezza e affacciato sul mondo, Interno Verde Mag ha intervistato Roberto Landello, progettista di giardini, specializzato in terrazze. Roberto ha quarant’anni e oggi vive in Friuli, a Lignano Sabbiadoro, dove è cresciuto. La sua formazione tuttavia l’ha portato in giro per vari territori, e per capire come è nata la sua professione cominciamo proprio dagli anni dello studio.
Quando e perché hai deciso di dedicarti alla progettazione?
La mia famiglia gestisce un’azienda florovivaistica, e per me è stato abbastanza normale scegliere di studiare agraria. Ho fatto le superiori a Cividale, poi mi sono iscritto alla Scuola del Parco di Monza, dove ho frequentato vari corsi. In quel periodo vivevo a Milano, stavo giusto di fronte la Bosco Verticale di Boeri: proprio guardando la sua costruzione è scattata la scintilla. Era il 2012 più o meno. Vedevo queste gru che tiravano su alberi su alberi e mi sono detto: forse c’è un futuro per me anche in questo luogo. Ho iniziato a capire che il mio background e gli studi a cui mi stavo dedicando avrebbero potuto applicarsi anche in un contesto metropolitano.
Quali sono stati i passi successivi?
Dopo la scuola avevo iniziato a fare qualche piccolo lavoro, nulla di eclatante. La svolta è arrivata nel 2017, quando ho vinto un concorso prestigioso, la “Foglia d’oro” che ogni anno viene assegnata dalla giuria dell’Orticolario, celebre fiera di settore organizzata a Villa Erba, sul lago di Como. In quel contesto ero un outsider, nessuno dell’ambiente mi conosceva, ma evidentemente il lavoro è piaciuto: era un’installazione molto suggestiva, ispirata alla luna, costruita con un budget ridottissimo. Non ho utilizzato i servizi che normalmente si possono richiedere a pagamento, come l’allacciamento elettrico per le luci o lo scarico di materiali. Un po’ mi sono rotto la schiena, un po’ ho studiato soluzioni che avessero un bell’impatto e poche necessità. Per esempio l’illuminazione l’ho definita con le candele.

Come arrivi ai terrazzi?
Assieme al bosco verticale mi ha illuminato un corso che ho fatto. Il docente spiegava che il 60% della popolazione mondiale vive in condominio, ma ha bisogno di spazi verdi. La connessione e la vicinanza con la natura è sempre più cercata, perché si riconosce il valore che ha per il benessere umano. Il terrazzo diventerà il nuovo giardino, spiegava il docente, e diversamente dal giardino sarà qualcosa che tutti si potranno permettere.
Che differenze ci sono nella creazione di un giardino e nella creazione di un terrazzo? Quali sono fattori specifici che bisogna considerare?
Sono due mondi diversi. Nel terrazzo metti in competizione le piante tra loro, ma se sei bravo riesci a trasformare la competizione in un valore positivo. Innanzitutto, essendo la superficie ridotta, bisogna ragionare sui livelli, sfruttando le caratteristiche delle diverse specie. Si intersecano piante ricadenti, tappezzanti, a cespuglio, ad alberello e si crea un effetto scenico gradevole. Il peso di solito non rappresenta un problema, ma va comunque considerato. Io non sono un ingegnere e non faccio perizie, di base però se il contesto è recente non ci sono controindicazioni particolari. Certo se si lavora in un’architettura popolare degli anni Sessanta per sicurezza è meglio stare più leggeri. Anche il vento va considerato: se siamo nell’entroterra ci si può sbizzarrire. Se, come mi capita spesso, siamo fronte mare è meglio utilizzare essenze basse e leggere, non arbustive. Anche loro vengono un poco influenzate nella crescita, ma molto meno. Per esempio le graminacee le tagli a novembre, a dicembre, e poi dopo ricrescono, ma in generale le si tiene medio basse.

Tu cosa prediligi? Quali sono le tue preferite?
Uso spesso il cotinus coggygria, conosciuto come l’albero della nebbia, e il corbezzolo. Lavorando spesso al mare preferisco le mediterranee, anche se ogni tanto mi capita di inserire qualcosa di esotico, come la tetrapanax, è un piccolo albero che fa gigantesche foglie palmate. In realtà tutto dipende dal contesto, questo è il pilastro da considerare quando si pensa a come trasformare un luogo. E poi anche da come viene vissuto lo spazio. Da poco ho realizzato un terrazzino a Trieste, lì ho optato prevalentemente per le sempreverdi, perché la casa è abitata dodici mesi all’anno. Nei contesti turistici e stagionali, come a Lignano, ci si può sbizzarrire con le perenni. Se l’inverno resta spoglio non è un dramma. Nel futuro mi piacerebbe lavorare di più in città che al mare però, è una bella sfida.
Hai un balcone o un terrazzo? Come lo tratti?
Ce l’ho e ovviamente non è spoglio! Credo che il piacere e le emozioni che nella vita quotidiana può darti uno spazio lussureggiante siano impagabili. Certo, c’è sempre bisogno di manutenzione… ma ne vale la pena! Nel mio terrazzo – che non è incredibile! – ci sono i cimeli che porto a casa da ogni viaggio, vegetali che studio per capire se mi possono essere utili in lavori futuri. A giugno sono stato in Sardegna, ho portato a casa un bottino di succulente. In prospettiva implementare il loro utilizzo potrebbe essere utile, perché col cambiamento climatico sarà sempre più importante scegliere piante resilienti.


Licia Vignotto
Redattrice | Responsabile del festival Interno Verde
Co-fondatrice dell’associazione Ilturco, che nel 2016 ha ideato e lanciato Interno Verde, e co-fondatrice dell’omonima cooperativa impresa sociale, creata nel 2021 per gestire al meglio l’evento. Responsabile del festival, descrive il suo lavoro “una via di mezzo tra l’investigatore privato e lo stalker”.