A Bari, nel Giardino dei Tempi
Atmosfere zen e piante da tutto il mondo, per avvicinarsi alla natura
Parole e immagini di Sara Buglione | Agosto 2025
«Non è reale». È questo che penso attraversando per la prima volta i sentieri del Giardino dei Tempi, accolta da un’enorme palma cilena e da Sabrina Nastasi, sales and event manager che con il sorriso di chi ama profondamente il proprio lavoro, mi introduce in quello che definisce “un luogo fermo nel tempo”. Ma di quale tempo si tratta esattamente? La risposta arriverà solo alla fine del viaggio, in questo luogo dove la frenesia del mondo contemporaneo sembra dissolversi tra le fronde.
Lungo la statale 100 che da Bari conduce verso Taranto, dove un tempo crescevano sporadici ulivi, oggi si erge quello che sembra davvero uno scampolo di Estremo Oriente trapiantato in terra pugliese. Sin dai primi passi, il richiamo all’Asia è evidente: pagode in legno si alternano a sculture orientali, panche e sedute esotiche si posano all’ombra di alberi provenienti da angoli remoti della Terra, lanterne dalle forme sinuose punteggiano i sentieri che serpeggiano tra le serre.
«Tutti gli elementi decorativi e di arredo provengono dall’Oriente», mi spiega Sabrina, mentre mi guida attraverso un labirinto vegetale dove ogni angolo racconta una storia diversa. «Principalmente dall’Indonesia, ma anche dalla Malesia e dall’Arabia Saudita, paesi dove il proprietario si reca frequentemente». Non è casualità estetica: è una scelta precisa, un dialogo tra culture che Ferdinando Valenzano, il creatore di questo eden, ha voluto tessere con pazienza nel corso di oltre vent’anni.
Incontrarlo e parlare con lui è stato fondamentale, per comprendere meglio il senso del luogo. Valenzano, proprietario dell’orto botanico e membro di una famiglia di vivaisti, parla del verde con spontaneità e passione. «Ho a che fare con le piante fin dalla nascita», mi racconta, mentre lo sguardo si apre su ciò che definisce il suo giardino mediterraneo. Ma la strada non è stata semplice. «Siamo arrivati molto in alto pur vivendo una realtà come quella barese, pugliese, del sud Italia in generale, dove un luogo del genere è una realtà che fa fatica ad essere compresa», ammette con sincerità. «Nonostante sia un progetto del 2003, solo negli ultimi dieci anni siamo riusciti a consolidare il nostro prestigio». Quando gli chiedo della scelta di integrare elementi orientali in un’area che ospita specie vegetali da tutto il mondo, la sua risposta rivela una sensibilità particolare: «Ci vedo un dialogo estetico-organico. Sono produzioni che si integrano perfettamente con la natura, convivendo con essa in armonia». È in questi suoi viaggi verso l’Est, che Ferdinando ha scoperto qualcosa di più profondo di semplici oggetti decorativi.

Il Giardino dei Tempi non è solo contemplazione: è un ecosistema vivente dove ogni elemento ha una funzione. Camminando tra i sentieri, si incontrano esemplari botanici che raccontano storie di adattamento e resilienza: l’Agave angustifolia marginata dal Messico, che ha trovato casa nel clima mediterraneo; la Dicksonia antartica, felce arborea australiana che sfida pregiudizi climatici; la Ceratonia siliqua, il carrubo siriano che qui produce le sue carrube ricche di zuccheri.
Le serre tropicali si aprono come scrigni di biodiversità, mentre le due pagode – quella grande e quella piccola – insieme al labirintico Maze, accolgono iniziative che spaziano dalle celebrazioni private agli appuntamenti culturali. «C’è un evento che ho particolarmente a cuore», mi confida Sabrina, «l’Apulian Electronic Monday, musica elettronica organizzata il lunedì dell’Angelo, nel pieno rispetto dell’ambiente».
La complessità gestionale di eventi di grande portata spingerà però verso una diversificazione: degustazioni, workshop e mostre. Ma la vera sorpresa sono le camere del bed & breakfast integrate nel giardino stesso. La sua spiegazione rivela una logica sottile. Dice Valenzano: «Tutto risponde alla logica della polifunzionalità, ricercando un’organicità non solo ambientale ma anche funzionale». È anche, più pragmaticamente, un’idea di autosostentamento per un orto botanico privato che deve trovare equilibrio economico attraverso ospitalità ed eventi.


Passeggiando tra questa collezione botanica, una cosa colpisce immediatamente: l’assenza di cartelli esplicativi. È una scelta filosofica precisa: «Vogliamo creare un ambiente immersivo. Pur possedendo tantissime varietà, non vogliamo avere un ruolo accademico». L’esperienza sensoriale precede quella nozionistica, il sentire anticipa il sapere.
Solo alla fine della nostra conversazione, dopo aver creato un’immagine completa di questo universo botanico-culturale, Ferdinando svela il segreto che dà il nome al luogo: «È tutto teso a rievocare i ‘tempi andati’, un recupero silente del passato, lontani dalla vita frenetica odierna». La sua voce si fa più riflessiva: «l’obiettivo è far sentire e ritrovare alle persone, quando entrano, il contatto con la natura, esperienza che ha da sempre accompagnato la vita umana ma che si è persa a velocità inaudita, a partire dalla rivoluzione industriale». Ecco spiegato quel senso di irrealtà provato all’arrivo: il Giardino dei Tempi è una macchina del tempo vegetale, dove il tutto collabora per restituirci un rapporto perduto con il mondo naturale. In un’epoca di accelerazione costante, questo lembo di terra ci ricorda che esistono altri ritmi, altre priorità, altri modi di stare al mondo.
Uscendo, con negli occhi le immagini di questo dialogo impossibile tra Oriente e Mediterraneo, realizzo che forse la vera magia sta proprio qui: nel farci riscoprire quella calma orientale che può convivere con le nostre radici mediterranee, in un incontro che sa di futuro quanto di passato.


Sara Buglione
Redattrice
Pugliese trapiantata in Emilia-Romagna, laureata in Arti Visive all’Università di Bologna, non perde occasione per prendere aerei e treni appena può.
Affascinata dalla cultura giapponese, spera un giorno di poter visitare le isole nipponiche; nel frattempo passa le ore a guardare anime. La trovi sempre in giro, magari su un longboard skate o in un mercatino vintage.