La Design Week nei giardini di Varese

Arte ed ecologia, tra parchi storici e cascine contemporanee

Parole e immagini di Debora Vitulano | Ottobre 2025

© The Beat Cube www.varesedesignweek-va.it

Arte ed ecologia, tra parchi storici e cascine contemporanee

Dal 25 al 28 settembre Varese si è trasformata in un palcoscenico diffuso, in cui il design ha incontrato l’arte e il paesaggio. La nona edizione della Varese Design Week ha scelto come tema la Gabbia: limite fisico e metafora, da cui affrancarsi per riconquistare spazi di libertà. Una riflessione che prende forma nei luoghi più significativi della città e nei suoi giardini pubblici e privati, trasformati in scenari di incontro e dialogo.

Fondata nel 2016 da Nicoletta Romano e Silvana Barbato, la manifestazione nasce con l’intento di valorizzare la città giardino e il suo patrimonio architettonico e naturale, invitando designer, artisti, studiosi e cittadini a un confronto aperto. «L’autentico design libera la mente offrendo nuove visioni», recita il manifesto di questa edizione. Uscire dalla gabbia – dei pregiudizi, dei luoghi comuni, dei trend – significa recuperare la capacità di guardare al paesaggio con occhi nuovi.

La farfalla che rompe il confine

Nel cuore del centro storico, in Piazza del Podestà, l’installazione Freedom ideata da Novellocase, con il progetto illuminotecnico di Fogliani Illuminazione e la collaborazione di Time to Breed, prende spunto da un simbolo fragile e potente: la farfalla. La gabbia non è più solo limite, ma incubatrice di vita. All’interno della struttura, le crisalidi si schiudono protette, trasformando l’involucro in un passaggio verso la libertà.

La direzione artistica di Silvana Barbato ha scelto di evocare la metamorfosi come processo necessario per ogni forma di rinascita. Al calare del buio, le luci proiettano ombre mobili sulle ali delle farfalle, disegnando un volo che attraversa la piazza. L’opera invita a immaginare il paesaggio urbano come ecosistema aperto, dove natura e design coesistono e si alimentano a vicenda.

I giardini come tessuto della città

La Varese Design Week ha fatto del verde il proprio alleato. Dai Giardini Estensi, che hanno ospitato il progetto LOUD – LivingOutdoorDesign, a Villa Panza, dove il giardino all’italiana ha accolto la creazione di Carlo Rampazzi, fino al giardino geometrico della Fondazione Marcello Morandini, il festival ha trasformato spazi spesso percepiti come cornice in protagonisti. Nei Giardini Estensi, LOUD ha esplorato il limite tra interno ed esterno, mostrando come il progetto possa modulare gli ambienti aperti senza isolarli dal contesto naturale. A Villa Panza, l’opera di Rampazzi – nella scia del suo “Maximinimalismobili” – ha dialogato con il disegno storico del parco, creando contrasti che ne evidenziavano la struttura. Nel giardino della Fondazione Morandini, domenica 28 settembre, il pubblico ha potuto assistere a una performance acrobatica di Francesca Alberti e concludere la giornata con un tea party benefico. Il ricavato del tè, servito in tazze di porcellana appositamente create, è stato destinato all’associazione Il Pezzettino: un gesto che intreccia estetica e responsabilità sociale. L’uso dei giardini non è stato solo scenografico: la loro storia e il loro disegno sono diventati parte del discorso sulla gabbia. Hanno rivelato come il paesaggio possa essere al tempo stesso contenitore e liberazione, confine e apertura, memoria e possibilità.

Oltre i confini urbani

Il programma si è esteso anche oltre la città, coinvolgendo il territorio circostante. A Cascina La Lepre, a Morazzone, ha preso forma The Beat Cube, un’esperienza immersiva ideata da Fabiola Rizzuti con Leonardo De Franceschi e Marcello Peano. Qui, nel paesaggio agricolo reinterpretato in chiave di green economy, l’arte contemporanea ha incontrato la natura: le tele dell’italo brasiliano Henrique Rivello e le sculture di carta dell’ungherese Dora Iren Bus hanno dialogato con il legno e la terra, mentre il pubblico partecipava a laboratori e momenti musicali all’aperto. Questa apertura verso i margini rurali voleva suggerire un’idea di design capace di abbracciare paesaggi diversi, di leggere il territorio come risorsa culturale e non solo come sfondo.

La città come scenario condiviso

Dalle piazze storiche – San Vittore, Monte Grappa, Garibaldino – ai luoghi di cultura come il Cinema Nuovo o l’Istituto Penitenziario dei Miogni, il percorso ha intrecciato spazi pubblici e privati, interni ed esterni, costruendo una mappa che restituisse il senso della città come organismo vivo. La presenza di ospiti come l’architetto e designer Aldo Cingolani, che ha aperto la manifestazione con un incontro a Villa Panza insieme alla storica dell’arte Gabriella Belli, ha rafforzato la vocazione culturale del festival. «Celebrare il design e l’arte come strumenti di dialogo culturale e rigenerazione urbana è un privilegio», ha dichiarato Cingolani. «Sono persuaso che le opere degli artisti sapranno offrire al pubblico un’esperienza estetica e riflessiva di rara intensità e profondità».

Un festival che coltiva libertà

Il tema della gabbia ha assunto forme diverse: dalla cella del carcere dei Miogni, dove l’installazione Luce vera ha trasformato le sbarre in filtri di luce, al volo effimero delle farfalle di Freedom, fino alla cornice razionale del giardino di Morandini. Il filo che ha unito queste esperienze è stata la possibilità di uscire dai limiti, riscoprendo il potere del paesaggio come spazio condiviso. In una città che porta il soprannome di Giardino d’Italia, la manifestazione diventa occasione per riflettere sul ruolo del verde come tessuto connettivo tra arte, design e comunità. Non semplice cornice, ma infrastruttura culturale capace di accogliere e trasformare.

© Libertà/àtrebil www.varesedesignweek-va.it

Debora Vitulano

Redattrice

Giornalista, scrittrice, traduttrice ed editor freelance, vive tra Parma e Mantova. Italo-russa, è appassionata di linguistica, letteratura, musica, arte e moda. Pratica yoga, le piace viaggiare e ama la natura e gli animali.

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