La notte è fatta per piantar…
Dal guerrilla gardening agli orti accessibili, l’esperienza di Alberi felici a Vicenza
Parole di Ilaria Torresan | Illustrazioni di Raffaele Primo Capasso | Luglio 2025
«Guarda caro, finalmente il Comune si è deciso a ripiantare il pioppo che avevano abbattuto qualche anno fa», dice tutta contenta la moglie al marito, guardando fuori dalla finestra. Saluta dall’alto, aprendo il vetro, i due uomini vestiti con la giacchetta catarifrangente: «Buongiorno, siamo molto felici che siate venuti a sostituire l’albero».
«Non c’è di che signora!», rispondono gli operai, un po ‘accaldati dal lavoro. «Ora però serve anche il suo aiuto: ogni giorno deve annaffiarlo un poco». «Non vi preoccupate, d’ora in poi ci penso io!». Soddisfatti, rimontano sul camioncino riempito di alberi in vaso, pronti per essere collocati nel prossimo spazio disponibile.
I due in realtà non erano addetti del Comune, ma Roberto Longo ed un suo amico: stanchi di dover uscire la mattina alle 4 per mettere a dimora nuovi alberi, per arricchire le zone verdi inutilizzate di Vicenza, avevano iniziano a camuffarsi da operai.



Conosco Roberto Longo qualche anno dopo questo episodio, è sabato mattina e ci incontriamo al campo scuola per l’educazione stradale di via Bellini. Mi racconta come dal guerrilla gardening ha creato l’associazione Alberi Felici. «Andavo in giro di notte o alla mattina presto con un amico a piantare alberi. A un certo punto però mi son detto basta, non ho più l’età per fare queste cavolate. Ho pensato: ci mettiamo il gilet catarifrangente che abbiamo in macchina, no? E andiamo alle nove, alle dieci della mattina. Forse se siamo più visibili siamo meno sospettabili». Così è cominciata una nuova fase dell’avventura, che ha fatto guadagnare anche dei nuovi collaboratori alla missione. «Mi sono accorto di due fattori. Il primo è che la gente gradisce avere attorno fiori e foglie, e capisce che è qualcosa di importante. Del secondo mi sono reso conto proprio grazie alla signora alla finestra che si è proposta di curare l’albero, e che devo ringraziare. Ho capito che bisognava spingere su questa formula: mettere a dimora diverse piante, dove ci sono gli spazi liberi, e cercare di coinvolgere qualcuno che abita in prossimità per l’adozione, trasferendo a un’altra persona la piacevolezza di seguire un albero che cresce sotto casa».
Il passo successivo per Roberto Longo è stato chiedere al Comune i permessi per fare ciò che già stava facendo. Ci è riuscito grazie ai cosiddetti “patti di collaborazione”, che permettono ai singoli cittadini e all’amministrazione di mettersi d’accordo per la cura di un bene comune urbano, avviando un intervento di rigenerazione e un progetto di gestione condiviso. Roberto ha suggerito al Comune un progetto da realizzare in varie aree della città, dopo aver fatto una mappatura nei diversi quartieri. Aveva individuato tre modalità di intervento: ripristino di piantumazioni mancanti, negli spazi dove erano stati abbattuti degli esemplari; riempimento di spazi verdi e aiuole già presenti, ma carenti di vegetazione; depaving, ovvero trasformazione delle aree asfaltate che non hanno un necessario utilizzo in altrettante aree verdi, azione molto importante per favorire la permeabilità del suolo, fondamentale soprattutto in città come Vicenza, soggetta ad allagamenti.
Dopo qualche appello su Facebook per testare la ricettività della comunità riguardo al progetto, finalmente lo scorso ottobre Alberi Felici è diventata un’associazione. Si può contribuire alle sue attività sia come soci sostenitori, sia come soci collaboratori, partecipando alle attività di piantumazione. Come ricorda Roberto, il valore di questo progetto sta proprio nelle persone e nel tempo che mettono a disposizione: «il volontario deve sempre essere molto rispettato nel tempo che dà, anche se poco rispetto a quello che ci mette un’altra persona. E non bisogna mai rifiutarlo. Se mi dici che puoi venire solo un’ora al mattino presto, io ti trovo un lavoro da fare e poi te ne vai. Ma se domani poi faccio una pizzata ci sei anche tu, e dico grazie anche a te, anche se sei venuto solo un’ora. Purtroppo nel volontariato può succedere che ti vengano fatte osservazioni perché non sei stato totalmente disponibile. Questo ragionamento non ho mai voluto sposarlo, e credo che sia uno degli elementi che rende il progetto tanto ricettivo. All’inizio ero sorpreso, perché non sapevo se sarebbero venuti ad aiutarmi o no. Adesso non mi faccio più problemi, so che le persone disponibili sono tante. Credo che la gente sappia benissimo dove va e cosa va a fare e con chi lo fa, e il motivo per cui lo fa».
Dopo più di 1400 alberi piantati, l’associazione è arrivata, partendo dalla riforestazione delle aree pubbliche, anche ai giardini privati. È il caso della sede DHL di Vicenza, che ha contattato Roberto per collocare degli invasi nel parcheggio del loro quartier generale. Ora ogni dipendente ha adottato una pianta, ed è quindi incaricato di annaffiarla ogni mattina. Secondo Roberto, oltre a risolvere il problema dell’installazione di un impianto di irrigazione, molto costoso, dando alle persone la responsabilità di prendersi cura di un essere vivente così prezioso, le renderai più felici di andare al lavoro.

Alberi Felici si declina anche come progetto sociale. Roberto mi mostra con fierezza delle vasche rialzate in mezzo al parco, dalle quali spuntano ciuffi di foglie di varie misure e colore: «là ci sono gli orti accessibili. Una domenica mattina abbiamo portato qua dei bancali e ci abbiamo fatto dei vasconi rialzati per fare l’orto. Sono alti circa 90 centimetri, adeguati per le persone in carrozzina».
Prosegue raccontandomi che tante delle cose che si vedono nel parco sono state realizzate dai ragazzi e le ragazze del centro diurno l’Aquilone, un centro di integrazione sociale per persone con disabilità: una panchina colorata, delle arnie, i cartelli sotto le essenze, la scalinata colorata, solo per citarne alcuni. Ogni sabato il gruppo viene qui a lavorare con Roberto, che gli insegna qualche lavoro di bricolage e fai-da-te. Un percorso simile è stato organizzato anche alla casa di riposo Santa Maria Bertilla a Brendola, appena fuori dalla città, dove sono stati costruiti degli orti rialzati, che i residenti ora utilizzano come attività ricreativa. Il progetto è decisamente intergenerazionale, non solo perché saranno soprattutto i più piccoli a godere dei benefici futuri che gli alberelli piantati oggi avranno da offrire domani, ma anche perché Roberto è riuscito a coinvolgere le scuole in un laboratorio che avvicina bambini e bambine alla cura della natura. Partendo dalla cura di una talea, Roberto insegna loro il processo di crescita di un albero, che dopo alcuni mesi potranno piantare loro stessi. Questo percorso non solo è pensato per sensibilizzare le nuove generazioni sull’importanza del verde urbano, ma anche per avvicinarle al contatto con la terra, alla cura del suolo, alla pazienza e alla dedizione che richiede.
A proposito di pazienza… sul fondo del parco, poggiate su delle cassette di plastica, Roberto mi fa vedere delle talee che crescono. Tra due o tre anni diventeranno pioppi e oleandri. È sempre lui ad occuparsene, avendo imparato a riprodurre le specie che andrà ad impiantare, sia con le talee che con la semina. In autunno raccoglie le ghiande di diverse varietà di quercia, possono essere di leccio, di roverella e di farnia. A inizio anno le trasferisce su un collo di bottiglia alto e stretto, per lasciare poi che le radici si sviluppino verticalmente. L’autoproduzione è un’altra caratteristica che contraddistingue Alberi Felici, rendendo l’associazione completamente indipendente in tutte le fasi della sua missione. Ci sono ancora tante cose che Roberto vorrebbe raccontarmi, ma è già ora di pranzo e ho un treno da prendere. Lo saluto e lo ringrazio, perché la sua idea e il suo entusiasmo mi hanno messa di buon umore. Mi dice che il nome Alberi Felici deriva proprio da questo: seminare alberi significa piantare felicità.

Ilaria Torresan
Redattrice
Appassionata di arte, architettura, design, musica e cinema, crede nel valore sociale della cultura, specie quando si tratta di preservazione ambientale. Non ha il pollice verde, ma ama i fiori e le piante di suo papà. Nel tempo libero parla ai microfoni.

Raffaele Primo Capasso
Illustratore
Illustratore, proviene dal mondo dell’architettura, disegna da quando ha memoria. Ama rappresentare architettura e natura su taccuini che porta sempre in tasca, organizza workshop e laboratori sperimentando sempre nuove tecniche di rappresentazione.