Nel parco del Girasole, la villa rotante
Riapre al pubblico il capolavoro meccanico di Invernizzi, nella collina veronese
Parole e immagini di Laura Bonini | Ottobre 2025
Da San Martino Buonalbergo, appena a est di Verona, una strada si immerge tra le colline. Da lontano, solcando le onde pettinate dai vigneti, risplende come un miraggio Villa Invernizzi, meglio conosciuta come Villa Il Girasole, a Marcellise. Avvicinandosi, la struttura rivela la forma di un orologio futurista e art déco al contempo i cui bracci, fissi su un perenne quarto d’ora, quasi un secolo fa, il 14 novembre 1933, compirono il loro primo, lento giro.
Da allora, Il Girasole è un esempio di biomimesi ante litteram, non solo una casa ma il prototipo di un sogno rincorso per decenni dall’ingegner Angelo Invernizzi. La sua brillante carriera nel genio civile a Genova gli permise di nutrire una profonda conoscenza in ambito navale e ferroviario, che traspose, raccogliendo attorno a sé una rosa di talenti tutti italiani, nella realizzazione della sua visione: la prima villa rotante al mondo. E ne fu in grado. Affiancato da un concerto di menti che annoverava Ettore Fagiuoli, Romolo Carapacchi, i fratelli Saccorotti e persino un giovane Gio Ponti, egli rese il sogno non solo realtà, ma certezza. Il suo obiettivo era dimostrare che con il cemento armato si può raggiungere la precisione della meccanica, utilizzando sempre la soluzione più efficiente e più bella. Fu con questa logica che il cantiere, gestito dalla sua azienda, venne aperto nel 1929. Lo scheletro in cemento armato girò per la prima volta quattro anni dopo, l’esterno fu completato due anni dopo ancora e finalmente, nel 1937, la residenza prese a ruotare ogni giorno insieme ai suoi abitanti.


Invernizzi la ideò per la villeggiatura estiva, per essere un locus amoenus che dialogasse senza stonare con le ville venete circostanti. Con profondo amore per la terra d’origine, egli la avvicinò alla storia locale tramite il loggiato, ossia l’ultimo punto fisso della casa, che ricorda un proto-portico latino. Ma se per gli antichi romani questo era un luogo di transizione tra mondo naturale e antropizzato, qui il loggiato, con le sue colonne avviluppate da rampicanti che ne addolciscono le forme squadrate e razionali, lega il buio ventre della terra su cui poggia l’intera struttura con il sole del cielo che la casa insegue. Forse all’epoca le estati non erano tanto calde quanto quelle odierne, forse nell’architettura di questo complesso tanto studiato e amato si possono leggere i segni del cambiamento climatico, e di quanto questo abbia modificato la realtà della villeggiatura italiana, quanto il mondo abbia continuato a orbitare allontanandosi inesorabilmente dall’utopia su cui Villa Il Girasole è fondata.
La magia sta nella apparente impossibilità. È un ossimoro, uno stabile mobile. Sembra un miracolo che una struttura alta quanto un condominio di sei piani poggi su di un singolo fulcro, ovvero la la ralla, elemento simbolico che si ritrova nel logo di questo posto. L’intero edificio è bilanciato da un sistema di raggi in ferro che formano un girasole dove si distribuiscono pesi e forze, progettato con materiali all’epoca d’avanguardia per risultare sorprendentemente leggero.
Le fotografie degli interni esposte sui pannelli lungo il percorso di visita non risalgono agli anni Trenta, né agli anni Settanta che la Villa sembra aver previsto in maniera sorprendente, bensì agli inizi del Ventunesimo Secolo, e sono un trionfo di luce e funzionalità. Finestre ampie e porte a scomparsa rendono gli spazi un prolungamento del paesaggio circostante, in costante dialogo con l’esterno. Nonostante la tecnica sofisticata, in questi spazi non c’è nulla di freddo, anzi: ogni dettaglio è stato ragionato con calore e attenzione, soprattutto per la moglie Lina e per il figlio, entrambi di salute cagionevole. Le interminabili scale a chiocciola rincorrono l’ascensore che all’epoca fu il più alto d’Europa, con i suoi 42 metri di altezza, progettato non per ostentare ma come strumento per permettere all’intera famiglia di vivere comodamente.
L’affetto di Invernizzi per la consorte si ritrova in una miriade di dettagli, dal colore lilla dei sanitari, brevettato in eterno e dedicato a lei, al colonnato in giardino che ricorda i paesaggi romantici, dono perfetto per un’insegnante di lettere, e piazzato lì non a caso. Lo stesso parco fu progettato da Iui, fino alla posa di ogni singolo albero, per ricordare nella forma due ingranaggi connessi da una cinghia di trasmissione, ovvero dalla strada d’accesso.
La rotazione, che impiegava 9 ore e 20 minuti per un giro completo alla velocità inerziale di 4 millimetri al secondo, era talmente lenta da risultare impercettibile dall’interno delle sale. Si racconta che Invernizzi, per dimostrarla ai visitatori, ponesse un legnetto sulle rotaie concentriche nel parco e attendesse che le enormi ruote lo raggiungessero per spezzarlo. In quest’area circolare, divisa in 12 spicchi, un tempo si poteva leggere la scritta “GIRASOLE 1933”, che celebrava il primo anno di rivoluzione.


Purtroppo, nel luglio del 1960 qualcosa cambiò. Forse fu un movimento del terreno nella collina, forse un guasto nel cuore del meccanismo, ma fu allora che il Girasole si fermò. Anzi: rallentò. Il Girasole girò per l’ultima volta attorno al 2009, con già più di 75 anni di devozione al sole alle spalle. Diventata immobile, il suo movimento vive nella memoria e nei diari dell’ingegnere, ed è pura energia potenziale.
Dopo un decennio di abbandono un nuovo concerto di menti ha fatto sì che Il Girasole potesse fiorire nuovamente: è stata creata una fondazione che nel maggio 2025 ha riaperto le porte di questo luogo incantato. Ciò che viene proposto non è una semplice visita ma un vero e proprio accesso al cantiere di restauro, guidato da storici dell’arte e ingegneri ed esperti, per permettere ai visitatori di comprendere il panorama artistico e umano dietro al progetto, oltre a quello tecnico e ingegneristico. L’obiettivo nel medio lungo termine è ambizioso: non solo ripristinare lo spazio e restituirgli l’arredamento originale, ma anche aprire il parco al pubblico, con percorsi tematici da esplorare insieme alla villa, come Invernizzi stesso avrebbe voluto.
Il Girasole è più di una villa per le vacanze. È un’utopia, un prototipo che rivoluziona il concetto stesso di abitazione in un organismo vivente di ferro e cemento armato e storia, che un giorno non molto lontano tornerà a sbocciare, e a inseguire il sole, e con esso, il futuro.

Laura Bonini
Redattrice
Laura Bonini è nata nel 1999 ed è originaria di Sermide, Mantova. È Laureata in Lingue Mercati e Culture dell’Asia, studia Lingua e Cultura Italiane per Stranieri all’Università di Bologna. I suoi diari di viaggio raccolgono ricordi in inchiostro e acquerello. Se volete farle gli auguri, il suo compleanno è il 30 settembre.