Setagaya Park, il Giappone a Vienna
L’arte dei giardini orientali, tra le aiuole barocche degli Asburgo
Parole e immagini di Licia Vignotto | Agosto 2025
Il mormorio dell’acqua riempie il silenzio, gli zampilli cascano e rimbalzano sulle rocce fino al laghetto delle ninfee. Sotto una galassia di foglie galleggianti a forma di cuore, fiorite di rosa, naviga placida una fiammante, pesante carpa koi. Le tartarughe si godono il sole assorte, sembrano finte, tutte fiere e a testa in sù, immobili sopra una roccia nerastra vicina alla riva. L’acqua riflette i rami penzolanti di un bel ciliegio e la nuvola colorata dell’acero, che sfuma dal verde all’arancio, dal dorato al bruno acceso. Seduti all’ombra della pagoda, si intravedono sbucare qua e là tra la vegetazione un ponticello di legno e monoliti di pietra, istoriati verticalmente con misteriosi e affascinanti kanji. Tutto attorno è quiete, calma, bellezza e armonia. Il tempo sembra fermo, immobile come le fronde alte degli alberi contro il cielo. Ma una voce, un passante, interrompe l’idillio con una domanda: «Wissen Sie bitte, wie spät es ist?»
Sono le 12 e in effetti inizia a farsi strada un po ‘di languore. Non siamo a Kyoto, come tutto farebbe supporre, e usciti dal parco non andremo a ristorarci con una calda scodella di nishin soba. Ordineremo una birra media e un bratwürst con la senape, magari anche un brezel per accompagnare. Siamo a Vienna, appena fuori dal centro storico, in Gallmeyergasse. Il quartiere si chiama Döblin e da tempo è gemellato con Setagaya, sobborgo di Tokyo, per questo il parco cui ci troviamo porta lo stesso nome. È stato creato nel 1992 e si estende su un’area di circa 4mila metri quadrati. L’ha progettato il paesaggista giapponese Ken Nakajima, ispirandosi al giardino del Palazzo Shugakuin di Kyoto.
Dalla strada – trafficata di automobilisti e ciclisti sfreccianti – basta salire pochi gradini e varcare il cancello in bambù, in stile Tokusa-bari, per trovarsi catapultati dall’altra parte del mondo. Accanto all’ingresso un monumento in pietra riporta incisa, in caratteri giapponesi, la parola Furomon. Significa paradiso e, sebbene siano pochi i visitatori capaci di tradurla, la sensazione di trovarsi in un piccolo eden si avverte chiara e forte, esplicita per tutti. L’obiettivo di questo spazio, creato accanto ad una casa di riposo, è proprio quello di invitare alle tranquillità, predisporre le persone a cercare e trovare la propria pace interiore.
Il parco si sviluppa su più livelli, con piacevoli saliscendi e sentieri sinuosi che salgono gli avvallamenti. Dalla sommità i ruscelli scendono creando cascatelle e piccoli stagni, fino ad arrivare al lago centrale, dove si specchia una casa da tè. La vegetazione è ricca è fitta di volumi e colori. Le chiome degli alberi più alti – come i tigli, gli ailanto, il bambù, i pruni rossi e i tassi – cancellano quasi completamente alla vista i palazzi attorno. Più in basso crescono i pini e gli aceri orientali, gli arbusti e le piante da aiuola, le aucuba, le felci e le ortensie, le azalee, la pervinca e le edere usate come tappezzanti. Tra le fioriture sbucano qua e là diverse sculture, una lanterna in stile Yukimi, e una dedica scolpita nel marmo. Ricorda Joseph Laska, compositore e direttore d’orchestra austriaco, morto nel 1964, pioniere della musica orchestrale in Giappone.

Vienna è una città verdissima, disseminata di antichi e nuovi giardini e parchi pubblici. Se si ha poco tempo a disposizione, per conoscere la città è sicuramente più indicata una tappa alle splendide aiuole barocche del Belvedere o allo Stadtpark, che costeggia il canale del Danubio, punteggiato di statue e tempietti che ricordano i fasti dell’impero asburgico. Ma se dispone di qualche giorno in più, una gita qui vale decisamente la pena. Se poi per caso si è proprio appassionati di giardini giapponesi… si può anche immaginare un piccolo tour dedicato: oltre al Setagaya Park ce ne sono almeno altri cinque.
Innanzitutto si può abbinare alla visita di Schönbrunn – decisamente imperdibile – un saluto al piccolo giardino di pietra costruito verso il fondo dello sterminato parco, accanto alla Serra delle Palme. Venne ideato nel 1931 dai giardinieri della reggia. Durante la Seconda Guerra Mondiale venne abbandonato e lasciato inselvatichire, cadendo purtroppo nell’oblio. Alla fine degli anni Novanta è stato fortunatamente restaurato e oggi è una vera e propria chicca!

Spingendosi fuori dal centro, nel parco termale di Oberlaa, si può incontrare il Parco Takasaki. Fu creato negli anni Novanta, su una superficie di circa 600 metri quadri, per riprodurre il giardino che l’architetto Kinsau Nakane aveva realizzato a Vienna nel 1974, come contributo giapponese alla Mostra internazionale di giardinaggio. Fu proprio la città di Takasaki a spingere e sostenere il progetto, per questo ha meritato l’intitolazione.
Sempre in periferia si trova anche il ventunesimo distretto, Florisdorf, gemellato con un altro quartiere di Tokyo, chiamato Katsushika. Qui si trova un parchetto dedicato a Tora-San, popolare figura del cinema nipponico, un vagabondo gentile, sfortunato in amore. Il simpatico personaggio – interpretato dall’attore Kiyoshi Atsumi – è stato protagonista di oltre 48 film, prodotti tra il 1968 e il 1996: tutti sono stati girati nel Paese del Sol Levante eccetto uno, ambientato proprio a Florisdorf.
Anche nel giardino della scuola di Kagran si possono trovare ispirazioni e rimandi asiatici: è stato progettato in collaborazione con dei paesaggisti giapponesi, affinché potesse rappresentare la cultura orientale del giardinaggio.
E infine sulla Donauinsel, dove non ci si aspetterebbe di trovare altro che pioppi e salici, sbucano dei ciliegi! La lunga e stretta isola artificiale costruita in mezzo al fiume è una riserva naturale, strenuamente difesa dagli abitanti: zero macchine, tante biciclette, qualche piattaforma galleggiante per tuffarsi e fare il bagno, imponenti e meravigliose alberature, una selva di piante spontanee. Proprio qui il gruppo di artisti giapponesi “to the woods” ha piantato un boschetto di ciliegi che ogni primavera attira lo sguardo e commuove gli appassionati botanici così come i curiosi e i passanti.


Licia Vignotto
Redattrice | Responsabile del festival Interno Verde
Co-fondatrice dell’associazione Ilturco, che nel 2016 ha ideato e lanciato Interno Verde, e co-fondatrice dell’omonima cooperativa impresa sociale, creata nel 2021 per gestire al meglio l’evento. Responsabile del festival, descrive il suo lavoro “una via di mezzo tra l’investigatore privato e lo stalker”.