Citizen Science in giardino, come funziona?
Il progetto europeo che coinvolge le comunità nella raccolta di dati ambientali
Parole di Elisa Guerzoni e Irene Dovadoli | Illustrazione di Veronica Cosimetti | Immagini di Giulia Nascimbeni | Ottobre 2024
L’edizione 2024 di Interno Verde Ferrara sarà ricordata per le tante novità che vi abbiamo raccontato nello speciale dedicato. Una di queste è stata la partecipazione in presenza, per la prima volta, della redazione di Interno Verde Mag. La nostra rivista, nata online proprio quest’anno, ha debuttato dal vivo presentando due incontri pubblici, all’ombra degli alberi del Parco Pareschi, compresi nel fitto programma di iniziative del festival.
Il primo appuntamento che vi vogliamo raccontare è l’incontro con Marina Kovari, coordinatrice del progetto europeo Citizen Science, che ha visto la luce proprio nella città estense. Nel dialogo che le nostre autrici Irene Dovadoli ed Elisa Guerzoni hanno avuto con lei, Marina ci ha raccontato l’importanza della partecipazione dei cittadini per monitorare l’ambiente urbano e affrontare fenomeni come isole di calore, allagamenti e perdita di biodiversità.

Elisa Guerzoni: Marina, puoi spiegarci cosa significa citizen science e qual è il suo scopo principale?
Marina Kovari: Quando parliamo in generale di citizen science ci riferiamo a iniziative scientifiche partecipate dalla comunità. Si tratta di progetti finalizzati a raccogliere e condividere dati su determinati argomenti, cercando un dialogo tra scienziati, esperti e cittadini che non devono necessariamente avere delle competenze scientifiche sull’argomento. Citizen Science Ferrara nasce all’interno di un progetto europeo chiamato Usage, che vede la città di Ferrara come pilota. Potremmo dire che ci occupiamo di scovare gli scienziati che sono in voi!
Irene Dovadoli: Citizen Science Ferrara si focalizza sull’ambiente urbano avendo obiettivi come aumentare gli spazi verdi, mitigare gli effetti delle isole di calore e altri fenomeni legati ai cambiamenti climatici. Potresti parlarci dei vostri progetti già in essere su questi argomenti ed eventualmente anche raccontarci quali risultati avete ottenuto finora?
M.K.: Il progetto è in itinere e per il momento stiamo ingaggiando persone per aiutarci. I progetti di Citizen Science finiscono, ma non si concludono mai, perché l’obiettivo è quello di fare un trasferimento di conoscenze e di tecnologie affinché i nostri citizen scientists possano proseguire nella raccolta dei dati. Il nostro scopo è quello di attivare i cittadini sulle tematiche della scienza che riguardano l’ambiente urbano. Potremmo dire che il fine è proprio quello di non finire mai! Abbiamo all’attivo tre argomenti che stiamo sviscerando, mettendo a disposizione degli esperti. Abbiamo organizzato diversi momenti formativi, tanti incontri sia in presenza che online, avendo cominciato durante la pandemia. Il tema che abbiamo portato a Interno Verde è quello delle isole di calore: un problema cogente e cocente della città. La cosa fantastica dei progetti di Citizen Science è proprio la dimensione orizzontale tra chi come noi se ne occupa e i cittadini di tutte le età e di tutte le estrazioni, con o senza particolari competenze scientifiche, con i quali collaboriamo grazie a strumenti facilmente utilizzabili.
Durante il festival abbiamo deciso di essere presenti come Citizen Science in sei giardini con un apparecchio semplicissimo, un MeteoTracker. MeteoTracker è una start-up di un gruppo di ragazzi sardi. Attraverso questo strumento, collegato con una app al nostro telefono, riusciamo a rilevare dati sulla temperatura. Pensate che con il MeteoTracker che abbiamo acquistato assieme ai nostri partner, tra cui l’Istituto Copernico Carpeggiani, ad oggi abbiamo raccolto 440.000 punti di temperatura. Che fine fanno tutti questi dati? La cosa fantastica è che stiamo cercando di renderli pubblici e utilizzabili se un giorno o un domani cittadini informati e consapevoli volessero aiutare i Comuni e gli amministratori a disegnare le politiche ambientali del futuro.

E.G.: Quali sono le iniziative che avete messo in atto per far conoscere questo progetto? Collaborate con altri enti esterni, con delle scuole?
M.K.: Per quanto riguarda la biodiversità, altro argomento affascinante, lavoriamo con un’app totalmente gratuita che si chiama iNaturalist. Attraverso questa app riusciamo a recuperare dati sul tema in modo veramente semplicissimo. Tutti possono aiutarci a monitorare il numero degli impollinatori nell’ambiente urbano e contribuire ad una conoscenza di quello che accade nella vita animale della città. Grazie anche alla collaborazione con il Museo Civico di Storia Naturale di Ferrara e al Centro di Educazione Ambientale, nostri partner, assieme a Comune di Ferrara, Deda (società che si occupa di innovazione tecnologica) e alle circa trenta associazioni che abbiamo incontrato nel nostro percorso. Quando si parla di ambiente parliamo sempre di ecosistema. Così come esiste un ecosistema naturale, esiste anche un ecosistema sociale. Noi cerchiamo di camminare insieme lungo questa strada.
I.D.: Quanto è fondamentale, in un momento come questo e rispetto a quello che portate avanti, parlare di educazione ambientale? Confrontandovi sia con cittadini e cittadine, sia con studenti e studentesse, che diverso apporto avete riscontrato rispetto a queste due realtà?
M.K.: Io non parlerei mai di educazione ambientale perché per me all’interno del concetto di educazione è già compresa l’educazione civica, l’educazione su come prendersi cura dell’ambiente, su come nutrirsi etc. Per me l’educazione è tutto questo, appellarla con determinati aggettivi o categorie del pensiero o di settori può portare fuori strada. La scuola dovrebbe aggiornarsi in questo senso. Prendiamola un po’ alla larga, proviamo a fare il contrario. L’attivismo civico oggi ha più possibilità di interagire e di aiutare amministratori e politici a ragionare su determinati temi, che dovrebbero essere messi a fuoco. Non parlerai di educazione perché si rischia di relegarla all’ambito alla scuola o all’università. Oggi l’ambiente ha talmente bisogno di tutta la nostra energia, la nostra attenzione, che io parlerei piuttosto di attivismo. Per noi che lavoriamo con progetti europei, a contatto con un ambiente un po’ ostico come quello della scienza, l’attivismo è un faro nella notte.
Idealmente noi vorremmo passare il testimone, vorremmo che applicazioni come MeteoTracker e iNaturalist, strumenti totalmente gratuiti, potessero essere utilizzati dai cittadini per aiutarci a raccogliere dati, informazioni, per fare politiche migliorative del territorio. Vorremmo arrivare ad un vero e proprio passaggio di consegne, una vera e propria collaborazione e co-creazione. Esco sempre dagli ambiti dell’educazione perché li ritengo un po’ stretti e lo sforzo che facciamo in Citizen Science Ferrara è quello di avere questo dialogo totalmente orizzontale in cui le informazioni circolano, in cui lavoriamo con altre organizzazioni, anche molto diverse da noi, e in cui soprattutto ascoltiamo i bisogni della città. Isole di calore, allagamenti e perdita della biodiversità possono essere visti come problemi oppure come occasioni di riflessione per noi scienziati e per i cittadini. Voi sperimentate ogni estate le isole di calore, come gli allagamenti; per noi lo sforzo è quello di creare un dialogo assolutamente orizzontale.
E.G.: Per creare questo dialogo orizzontale e fare questo passaggio di testimone, avete organizzato delle attività nelle scuole o anche eventi al di fuori del contesto scolastico, per far conoscere quello che fate, per formare i cittadini su questo attivismo?
M.K.: Abbiamo organizzato moltissimi momenti formativi, online e in presenza. Il nostro sforzo è quello di provare a superare l’idea che lo scienziato sia qualcuno che lavora in un laboratorio chiuso e non comunicante, per instillare invece l’idea che sia qualcuno che cerca, che fa domande, che può aiutare e contribuire. Noi, ad oggi, contiamo su 208 citizen scientists qui a Ferrara, però chiaramente l’invito è quello di abbracciare questa opportunità e saltare tutti quanti a bordo.
I.D.: Rispetto a tutte le persone che incontrate, avete già riscontrato dei cambiamenti nella consapevolezza o nel modo di curiosare e osservare quello che accade attorno a loro?
M.K.: La sorpresa maggiore è stata proprio questa: noi collaboriamo con persone che sono già molto formate. Abbiamo trovato terreno fertile per questa iniziativa perché quelle che partecipano sono persone che, provando sulla loro pelle che cosa significa un evento estremo, avevano già cominciato ad informarsi, a leggere articoli scientifici, a mettere da parte un po’ di bibliografie. Quando abbiamo deciso di fare questa chiamata, questa call to action, abbiamo trovato delle persone già molto consapevoli. Io non do mai per scontato che chi sta dall’altro lato non abbia le stesse conoscenze che ho io. Siamo una fonte abbastanza accreditata e abbiamo trovato con piacere persone che dall’altro lato erano già su questa strada. Il giornalismo ambientale ha una trentina d’anni circa e finalmente ci troviamo di fronte a persone che coraggiosamente fanno domande, non si fermano, persone che hanno anche la capacità di dialogare con le amministrazioni quando c’è qualcosa che non va e questo per noi è fondamentale.

E.G.: C’è un episodio, un risultato specifico, di cui andate particolarmente fieri?
M.K.: Oggi l’ambiente è uno dei topic di conversazione, qualcosa di cui parlare sui social o nei bar. Ciò di cui andiamo fieri è proprio questo: non siamo più una categoria a parte, ma ci ritroviamo in tante conversazioni. Io ho cominciato lavorando in un giornale, in una città dove c’era un grandissimo problema di rifiuti. Prendevo le telefonate, che per la maggior parte riguardavano questo argomento, e scrivevo degli appunti per il direttore. È stato lui a dirmi di provare a scrivere. Ho cominciato così, in un’epoca in cui questi argomenti erano relegati all’ultima pagina di uno dei più importanti giornali. Adesso invece, anche con Citizen Science Ferrara, il fatto che sia tutto democratico e accessibile, che questi strumenti costino poco, che le app siano gratuite e che i cittadini si avvicinino spontaneamente a queste esperienze, per noi è il più grosso risultato.
I.D.: Ci sono altre città italiane che stanno procedendo in una maniera simile? Avete creato un dialogo con le altre città facenti parte del progetto europeo Usage?
M.K.: Se volete partecipare e conoscere le iniziative delle altre città come Leuven, che sta lavorando tantissimo, oppure Graz in Austria o Saragozza in Spagna, avrete l’opportunità verso fine marzo di partecipare a un’iniziativa che probabilmente avrà il format di un hackathon o di un dataton. Stiamo organizzando per fine marzo una sorta di mostra narrativa di tutto il progetto e di come noi vorremmo rappresentare la tipicità dei tre argomenti che trattiamo a Ferrara. Lo spirito dei progetti europei nati in un momento in cui non ci sono solo dei progetti economici, è quello di unire l’Europa per fare scambio di buone pratiche di conoscenza. Per questo, noi cerchiamo di confrontarci sempre con chi realizza iniziative nelle altre città.

E.G.: Ci sono dei libri o dei podcast che puoi consigliare per mantenersi aggiornati sull’ambiente e la biodiversità?
M.K.: Rimanendo nell’ambito citizen science, adesso vi spoilero questa cosa: la Regione Emilia-Romagna sta facendo una mappatura di tutti i progetti di citizen science perché l’anno prossimo a Bologna ci sarà l’appuntamento annuale di tutte le iniziative di Citizen Science in Italia. Nell’organizzare questo grande appuntamento stiamo immaginando una campagna di comunicazione con podcast e piccoli video per illustrare tutti i progetti che saliranno sul palcoscenico nazionale. La cosa interessante è che ci saranno progetti provenienti da tutta Italia e se andate sul sito di After – Futuri Digitali, potete trovare la mappatura di tutte le iniziative. Sono tante, sono aperte, inclusive e, secondo me, è un bellissimo modo di essere attivi a livello civico.
I.D.: Quali obiettivi e altri appuntamenti avete in programma per il futuro, oltre a quelli già anticipati?
M.K.: Innanzitutto l’hackathon a fine marzo, segnatevelo! Così ci rivediamo in primavera, dopo essere sopravvissuti agli eventi estremi invernali. Il progetto europeo di cui facciamo parte ha una data di inizio, ma il nostro obiettivo è che non ci sia mai una fine. Vorremmo che quello che andremo a costruire nell’arco di questi tre anni resti sul territorio e vada ad attivare altre persone. È un concetto un po’ innovativo per quanto riguarda la scienza: i nostri non sono progetti trasformativi, ma trasformazionali, ovvero finalizzati a mettere in moto una catena di trasformazioni. Per me, che sono un po’ sognatrice e mi occupo di ambiente da tanti anni, il desiderio più grande quando si parla di ambiente è che cittadini, associazioni, gruppi formali e informali, singoli individui, abbiano la possibilità di contribuire alla definizione delle politiche che riguardano tutti.

Elisa Guerzoni
Redattrice
Emiliana doc, viaggiatrice compulsiva e ballerina wannabe. Laureata in Editoria e Giornalismo, ama la fotografia, la pizza e i tulipani. Ad eccezione dei concerti (che adora), ad una serata chiassosa spesso preferisce una cioccolata calda ed un libro.

Irene Dovadoli
Redattrice
Nata a Bologna, studia a Firenze ‘Architettura del Paesaggio’ per affinare lo sguardo su ciò che la circonda. Nel tempo libero fa danza contemporanea, lunghe passeggiate e visita musei. Ama i consigli su nuova musica o podcast e le chiacchierate serali.

Veronica Cosimetti
Illustratrice
Illustratrice, nasce a Roma dove si laurea in pittura e successivamente si specializza in illustrazione per l’editoria a Bologna dove vive e lavora tutt’ora. Ama i fiori in tutte le loro forme più strane e la affascina la storia degli alberi, sogna un giorno di avere un giardino tutto suo dove dare sfogo al suo pollice verde.

Giulia Nascimbeni
Fotografa | Art director di Interno Verde
Grafica e fotografa. Collabora con l’associazione Ilturco dal 2016, ovvero dalla prima edizione del festival dedicato ai giardini di Ferrara, è co-fondatrice della cooperativa Interno Verde, creata nel 2021 per supportare la crescita dell’evento. Se fosse una pianta sarebbe un agapanto.