Valsanzibio, un giardino per grazia ricevuta

Viaggio tra i simboli del labirinto di bosso più antico del mondo

Parole e illustrazioni di Laura Bonini | Gennaio 2025

© Laura Bonini

Nel cuore della costellazione delle ville venete, circondata da vigneti dalla terra scura e immersa nei pendii sinuosi dei Colli Euganei, splende la Piccola Versailles, ma l’anziano proprietario, se avesse potuto, avrebbe risposto che quella a Parigi si sarebbe dovuta chiamare “la Grande Valsanzibio”.

Villa Barbarigo Pizzoni Ardemani è, a detta del capo giardiniere e responsabile Antonio, l’unica villa rinascimentale del Veneto il cui cuore pulsante è nel giardino. Il Complesso di Valsanzibio, nome che origina dalla Valle di Sant’Eusebio in cui si trova, nacque come porto sicuro per la nobile famiglia dei Barbarigo quando nemmeno Venezia ebbe scampo dalla peste manzoniana, che si fermò a Monselice, a soli sette chilometri dalla villa. Nel 1665, per la grazia ricevuta, il Cardinale Gregorio Barbarigo – poi santificato – ottemperò il voto del padre con la costruzione del giardino monumentale: un luogo di pace, ma soprattutto introspezione.

Padiglione di Diana © Tenuta Valsanzibio srl

Per il progetto, conoscenze alla corte papale permisero a Gregorio di assicurarsi il fratello di Gian Lorenzo Bernini, Luigi, a cui si devono i giochi d’acqua che rendono questo luogo indimenticabile per ogni visitatore, da 360 anni a questa parte. L’unica cosa che sembra cambiata da allora, infatti, sono gli alberi, con la loro crescita lenta e inesorabile.

Il parco vanta non solo le siepi di bosso più antiche al mondo, l’esemplare più longevo dei quali aveva già trecento anni quando Bernini lo incorporò nel giardino, ma anche essenze arboree pregiatissime, giunte dalle Americhe, che vennero piantate qui ancora prima che ne esistesse una classificazione tassonomica, come sequoie e cedri della California.

Particolare della Grotta dei Venti © Tenuta Valsanzibio srl

In tutti i giardini rinascimentali l’acqua ha un ruolo centrale, ma qui non si trovano semplici fontane: l’acqua purifica e, in virtù di questa proprietà, segna il primo passo verso la salvificazione per il quale il giardino è stato ideato. Il percorso ha inizio dal Portale di Diana, dea che dall’alto domina e protegge il giardino affacciandosi sul decumano, con il suo armonioso susseguirsi di vasche ornate da statue in pietra d’Istria, opera di Pietro Merengo. Le prime statue lungo il cammino rappresentano i fiumi locali, e tra queste e la peschiera dedicata a Eolo, che rappresenta il potere purificatore dei venti, si trova la Fontana dell’Iride, in cui d’estate l’acqua rifrange la luce in nuvole di arcobaleno. I giochi d’acqua, non attivi d’inverno, un tempo erano alimentati da sette sorgenti sui colli circostanti, noti per le acque termali. Oggi impiegare tanta acqua non è sostenibile, per questo la proprietà si è impegnata a rivoluzionare per evitare gli sprechi, al costo di dover rinunciare alla potabilità delle fontane.

© Tenuta Valsanzibio srl

Giunti al cardo si è circondati da statue che rievocano il fine pacificante della villa, splendida nel contrasto con la cornice verde del giardino e scura dei colli. È una sosta necessaria poiché, solo consapevoli di ciò e purificati dalle acque e dai venti, si può cercare l’ingresso del labirinto per il quale Valzansibio è rinomato, forse il più antico al mondo nel suo genere. Qui l’enciclopedia di conoscenze di un nobile secentesco merita di essere svelata da una guida esperta, per permettere a noi moderni di apprezzare a pieno l’intricata simbologia rinchiusa in questo chilometro e mezzo di svolte obbligate e angoli netti. Se completato correttamente, senza incappare nelle sette false scorciatoie, una per ogni peccato capitale, si raggiunge la torretta centrale in meno di 400 metri, ma è quasi impossibile evitare di cadere in errore. Il messaggio custodito da questa prova riguarda l’esame di coscienza, da affrontare come un umile e paziente ritorno sui propri passi. Tutt’altro che umile tuttavia è il labirinto, vero e proprio capolavoro dell’arte topiaria: è la zona che richiede le maggiori cure. I giardinieri impiegano fino a due mesi per potarlo, un’opera possibile solo con metodi tradizionali, armati di scale, livelle e fili a piombo, a causa della mancanza di spazio tra i filari di bossi secolari alti fino a cinque metri che lo compongono.

Il Cardo ©Tenuta Valsanzibio srl

Dall’alto della torretta, punto privilegiato per ammirare l’intero giardino e comprendere il cammino intrapreso finora, si medita fino alla Grotta dell’Eremita. L’antro artificiale è stato riscoperto grazie alla tromba d’aria che nel 2005 si abbatté su Galzignano Terme, sradicando alberi secolari e portando alla luce i resti di questa struttura, ricostruita ex novo nel 2006 dai disegni del Bernini. Si passeggia poi fino all’Isola dei Conigli, dimora di bestiole fortunatamente non più destinate alla tavola dei Barbarigo. Da questo angolo idillico si riemerge sul cardo, dove la prospettiva, all’epoca tecnica innovativa, fa risaltare le dimensioni dell’area e i giochi d’acqua che guidano lo sguardo a fermarsi sui sette gradini che portano alla Fontana dell’Estasi all’ingresso della villa, dall’emblematica forma a fungo. Sul fronte dei gradini è inciso un sonetto che illustra il viaggio compiuto da ogni visitatore:

© Laura Bonini

Antonio, che ci ha guidati fino a qui, anticipa una scoperta riguardo la Fontana delle Insidie, lì di fronte: il putto finemente drappeggiato al centro non è in pietra d’Istria ma in marmo di Carrara, e si è in attesa di avere conferma della paternità della statua, che potrebbe essere opera non del Marengo, ma provenire direttamente dal laboratorio del Bernini.

Particolare dell’Isola dei Conigli © Tenuta Valsanzibio srl

La vera conclusione del percorso è la sosta al Monumento del Tempo, rappresentato come una sorta di Atlante alato – tempus fugit – rivolto verso il sole nascente mentre sorregge un dodecaedro, ossia i mesi dell’anno, ora in ombra ora illuminati, come le stagioni ora liete ora tristi della vita. Per visitare il Giardino Monumentale di Valsanzibio nel periodo delle feste invernali conviene seguire il consiglio di Crono, e con un carpe diem immergersi in questo luogo ricco di storia che, grazie alla sapiente combinazione di sempreverdi e alberi decidui, all’amorevole cura dei giardinieri, alla bellezza dell’anfiteatro dei Colli Euganei in cui è incastonato, non può che schiudere nuovi dettagli a ogni visita, in ogni stagione.

© Lura Bonini

Laura Bonini

Redattrice

Laura Bonini è nata nel 1999 ed è originaria di Sermide, Mantova. È Laureata in Lingue Mercati e Culture dell’Asia, studia Lingua e Cultura Italiane per Stranieri all’Università di Bologna. I suoi diari di viaggio raccolgono ricordi in inchiostro e acquerello. Se volete farle gli auguri, il suo compleanno è il 30 settembre.

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