Foliage e misteri a Villa Smeraldi

Nella campagna bolognese, il gusto romantico del giardino ottocentesco

Parole e immagini di Elisa Guerzoni | Novembre 2024

A un occhio distratto potrebbe sembrare un giardino come tanti. Un posto dove portare il cane a fare una passeggiata o i bambini a giocare. Solo varcando il cancello e inoltrandosi nel sentiero che conduce al centro della proprietà ci si rende conto di essere entrati in un posto speciale.

Nel cuore della bassa bolognese, a San Marino di Bentivoglio, circondata dalla campagna, si trova Villa Smeraldi, una elegante residenza storica circondata da un vasto parco. La proprietà, nata come privata, negli anni Settanta è diventata pubblica: appartiene alla Città Metropolitana di Bologna e accoglie al proprio interno il Museo della Civiltà Contadina.

La costruzione, fin dalle sue origini risalenti al Settecento, è stata integrata in un contesto di vita rurale. Nel complesso si trovano infatti, oltre alla residenza padronale, altri edifici come la casa del fattore, la ghiacciaia, la torre colombaia e la casa dell’ortolano. Strutture che già a partire dal loro nome e dalla loro ubicazione nello spazio raccontano come sia nata, e come in seguito si sia sviluppata, la civiltà contadina contemporanea.

Contestualmente a un lavoro di ampliamento della villa, nella seconda metà dell’Ottocento venne realizzato il parco, un polmone verde che oggi come allora spicca nel paesaggio agricolo della zona.

Seguendo la moda dell’epoca, i conti Zucchini, proprietari della villa e del terreno circostante, vollero realizzare un giardino all’inglese, i cui canoni prevedevano, oltre ad una disposizione irregolare di alberi ed arbusti, la presenza di dislivelli, vialetti, siepi, grotte misteriose, statue e, ovviamente, l’immancabile specchio d’acqua.

Ancora oggi il parco presenta tutte queste caratteristiche, perfettamente conservate. Un giardino a gestione pubblica, sempre aperto e a disposizione di tutti, ma anche un meraviglioso esempio di giardino romantico dove ha dimora un imponente cipresso calvo, che sarà presto censito come esemplare monumentale.

Lo scorso 23 novembre, in occasione della Festa dell’Albero, Villa Smeraldi ha aperto le sue porte ai cittadini, in un incontro organizzato dalla Regione Emilia – Romagna, finalizzato a far conoscere il valore storico e culturale dello spazio e diffondere maggiore consapevolezza sul ruolo che gli alberi monumentali assumono per il territorio.

Ma che cosa si intende per albero monumentale?

I caratteri che possono portare ad identificare un albero come monumentale sono il pregio naturalistico (dimensione, età, rarità botanica), il pregio paesaggistico (ubicazione, architettura vegetale) e il pregio storico, culturale o religioso. Per essere censito come albero monumentale, l’esemplare deve possedere almeno uno di questi tre caratteri.

In quest’ottica, gli alberi monumentali si inseriscono nella storia, la nostra storia, la storia di tutti, come testimoni. Testimoni di un contesto ambientale, di un paesaggio, di vicende storiche e culturali. E come tali vanno tutelati, non solo in quanto esemplari rari o secolari o come fonte essenziale di ossigeno, ma come bene collettivo, unico e insostituibile.

Così va considerato il cipresso calvo di Villa Smeraldi, un Taxodium distichum monumentale che con i suoi 25 metri torreggia all’interno del parco, con un tronco di 422 centimetri di circonferenza ed un’età presunta di circa 150 anni. Probabilmente venne piantato al momento della sistemazione ottocentesca del parco. Questo gigante non fa ancora parte dell’elenco ufficiale degli alberi monumentali, ma è imminente il riconoscimento della sua tutela.

Specie caducifoglia, in questo periodo dell’anno esibisce una folgorante chioma color ruggine, la sua veste autunnale. Nativo delle paludi degli Stati Uniti sudorientali è approdato in Italia, così come altri alberi di specie esotiche di varia provenienza, grazie alla moda del giardino ottocentesco, di cui Villa Smeraldi è un esempio emblematico. Queste piante venivano inserite per creare meraviglia e stupore nei visitatori, esattamente come altri elementi tipici visibili lungo il percorso.

Il sentiero si snoda a partire dalla villa attraverso un bosco e “ci chiama verso il mistero”, come ben descrive la guida della Regione Bruno Bedonni, fino ad un lago artificiale attraversato da un ponte, arricchito da statue settecentesche recentemente restaurate. Passeggiando si incontrano polli in libertà – i tre galli sono ormai considerati delle vere e proprie mascotte – e guardando in alto, verso le chiome degli alberi, spicca il piumaggio acceso dei parrocchetti, che hanno iniziato a popolare la pianura padana già da qualche anno.

Dopo pochi passi compare, parzialmente nascosto dietro i cespugli di una montagnola, l’imbarcadero: è un elemento architettonico singolare e sorprendente, una sorta di tunnel di pietra caratterizzato da un ingresso ad arco acuto, che permette l’accesso al lago in barca. Il piccolo natante attraversa lo stretto pertugio, che poi si apre nell’ampio specchio d’acqua circondato dal verde.

Proseguendo lungo il sentiero, ormai persa di vista la villa, ci si inerpica su per una collina artificiale, che spinge a inoltrarsi sempre di più nel cuore del parco. Qui specie autoctone come olmi, pioppi e querce si mescolano ad altre più esotiche come il Ginkgo biloba, che come il cipresso calvo in questa stagione sfoggia i propri colori più vividi, un bel giallo acido stagliato contro il blu del cielo.

Quando ormai si è immersi nella vegetazione, avendo perso i riferimenti visivi della residenza, ci si trova improvvisamente davanti a una collina molto più alta delle altre, e mentre si è ancora sopraffatti dalla sorpresa, aggirandola, ci si trova davanti all’ingresso di una grotta. Purtroppo oggi la cavità artificiale è chiusa per motivi di sicurezza ma non manca di attirare a sé, contribuendo a creare quel senso di mistero e fascino tipico del giardino ottocentesco, così diverso rispetto a quello rinascimentale all’italiana, dove le geometrie e le simmetrie regnano sovrane, e tutto è in bella vista.

Con la giusta consapevolezza e conoscenza, insieme a un pizzico di sensibilità romantica, la visita a quello che a prima vista può sembrare un parco come tanti altri, si trasforma in un viaggio nel tempo e nello spazio, in un luogo dove la natura, reale e al tempo stesso artefatta, crea una nuova dimensione tutta da scoprire.

Si resta con l’incanto e lo stupore, che ancora questa opera dell’uomo e della natura assieme riesce a trasmettere a distanza di secoli, e con le parole della guida Bedonni “chi pianta un albero, non lo fa per sé, ma per le generazioni future”. E noi ringraziamo.

Elisa Guerzoni

Redattrice

Emiliana doc, viaggiatrice compulsiva e ballerina wannabe. Laureata in Editoria e Giornalismo, ama la fotografia, la pizza e i tulipani. Ad eccezione dei concerti (che adora), ad una serata chiassosa spesso preferisce una cioccolata calda ed un libro.

Condividi questo articolo