Geometria e cosmetica, nel giardino Davines

Piante che curano, profumano e colorano: nell’eden dell’azienda parmigiana

Parole di Sabrina Tassini | Aprile 2024

©DavinesGroup

A una manciata di chilometri dal centro di Parma, allungando lo sguardo oltre le arterie stradali che collegano Emilia e Lombardia, si scorge un suggestivo locus amoenus custodito nell’area del Davines Group Village, headquarter della nota realtà italiana specializzata nel settore della cosmetica professionale, in particolare in ambito tricologico. Un piccolo gioiello verde che non solo concretizza quell’imprescindibile legame tra funzionalità, estetica ed etica tanto caro all’azienda, ma che intende anche incoraggiare una ben più ampia presa di coscienza sull’indispensabilità di riconciliare il tessuto industriale, civico e sociale con l’ecosistema.

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Del resto, è proprio il rapporto armonioso tra struttura e natura a pulsare nelle vene dell’intero complesso architettonico curato dallo studio MTLC di Matteo Thun e Luca Colombo, in cui gli uffici sono concepiti a immagine e somiglianza di un villaggio di case accoglienti che reinterpretano in chiave contemporanea l’archetipo delle abitazioni rurali italiane, e da ciascuno dei quali è possibile godere di una edificante vista sull’esterno.

Tremila metri quadrati di verde coronano così questa sapiente intuizione, al tempo stesso spazio di ricerca, culla di biodiversità e piacevole cortile rigenerativo.

«È un progetto a cui abbiamo dedicato molta attenzione ed energia per ottenere un “giardino parlante” che potesse ben rappresentare i nostri valori e suscitare emozioni, senza limitarsi ad essere una statica esposizione di piante» racconta Carlotta Del Canale, Technical Marketing Manager del Gruppo Davines, mentre ci guida alla scoperta del pittoresco giardino spiegandoci meglio in cosa consiste.

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«Possiamo ritenere l’orto scientifico del Village una vera e propria estensione dei laboratori di ricerca Davines a cui è direttamente connesso anche a livello logistico: dalle sue finestre, infatti, è possibile ammirarne la bellezza da tutti i punti di vista. La natura è per noi una fonte inesauribile di ispirazione e per questo il giardino è stato ideato affinché diventasse un concreto luogo di studio in cui il team di ricerca, in collaborazione con l’Università di Parma, potesse indagare le proprietà delle piante per identificare nuovi ingredienti funzionali e sviluppare i principi attivi per i nostri prodotti cosmetici. Questo spazio rappresenta i due aspetti inscindibili della nostra identità: la scienza della ricerca e il prezioso approccio umanistico».

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Ripercorrendo la genesi del giardino, proviamo a capire quali stimoli hanno ispirato la sua progettazione.

«Prima della sua realizzazione abbiamo fatto visita a molti altri giardini, anche in Inghilterra e Sudafrica, per carpirne suggestioni e osservare come si inserissero nei peculiari contesti paesaggistici che li ospitano seppur mantenendo una bellezza cosmopolita, ravvisabile da tutti. Per la nostra sede cercavamo proprio questo: un giardino che fosse coerente con il territorio della Pianura Padana ma che potesse anche riflettere il nostro spirito spiccatamente internazionale e risultare connesso con la dimensione umana, nostra indiscussa priorità. Così abbiamo coinvolto lo studio londinese Del Buono Gazerwitz, che si è ispirato allo storico Giardino dei Semplici di Padova prevedendo una struttura geometrica chiusa, un hortus conclusus dalla pianta circolare, al cui interno è inscritto un quadrato definito da piccoli canali dove l’acqua scorre in moto perpetuo. La disposizione a cerchio voluta per l’orto simboleggia la perfezione, la compiutezza e l’unione. Questa speciale forma geometrica evoca anche il cielo, la sfera spirituale, e come nella rappresentazione simbolica dell’uroboro richiama il ciclo perenne della vita. Il suo opposto, il quadrato, è il simbolo della terra e della materia. L’armonia delle due forme dà luogo così a un quadrato inscritto in un cerchio, simbolo della dimensione terrena che si eleva a quella spirituale: un’immagine ispirata al pensiero rinascimentale e illustrata da Leonardo Da Vinci nell’Uomo Vitruviano».

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Bellezza, simbolismo e utilità paiono ben bilanciati. Come è stato possibile, nella pratica, garantire questo armonioso equilibrio all’area e legarla coerentemente al territorio circostante?

«Il nostro giardino scientifico si integra nel contesto paesaggistico grazie alla sua stessa forma e ad elementi di riferimento visivo e di mitigazione ambientale quali siepi, filari e movimentazione del terreno. Il risultato è sorprendente, affascina per il suo splendore e invita all’apprendimento. Anche la miscellanea di piante autoctone che vanno ad incrementare la biodiversità locale rende l’intervento fortemente sostenibile e congruo al paesaggio».

Come vengono selezionate le specie da introdurre in questo “laboratorio a cielo aperto” e quali tecniche di coltura adottate?

«Ogni anno il giardino si arricchisce di nuove specie vegetali per avviare ricerche innovative. Per la sperimentazione utilizziamo un modello circolare, che consta di quattro fasi, successive l’una all’altra, di cui la selezione delle piante è la prima e avviene in base a quattro criteri: il loro impatto socioeconomico sulle comunità rurali, la prontezza tecnica per le attività di sviluppo, il profilo ecologico (evitiamo specie a rischio o inserite nella lista delle specie di fauna e flora minacciate di estinzione CITES) e la valutazione di quali potrebbero avere una domanda di mercato. Una volta individuate, si passa all’estrazione, che avviene preferibilmente senza l’utilizzo di solventi e nel rispetto dei metaboliti della pianta, seguita dalla misurazione dell’efficacia e infine dalla coltivazione tramite aziende agricole che seguono i principi dell’agricoltura biologica rigenerativa. In questo modo riusciamo ad avere filiere tracciate e sostenibili. Abbiamo anche una serra, contraddistinta da uno stile architettonico di chiara ispirazione inglese, che ci consente di studiare piante tropicali e subtropicali utilizzate nei laboratori di ricerca».

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Al netto delle loro tradizionali proprietà, quali insegnamenti si possono trarre dallo studio delle piante e del loro ciclo di vita?

«Siamo da sempre interessati al loro comportamento, alla loro innata e sorprendente capacità di adattamento alle condizioni esterne. Basti pensare a come le persone possano spostarsi se poste di fronte ad un ostacolo, al contrario di qualsiasi arbusto. Per questa ragione le piante hanno sviluppato, in maniera estremamente affascinante ed efficace, lenti meccanismi di difesa e assestamento ai cambiamenti climatici e, in generale, a tutte le aggressioni cui sono esposte, che portano alla sintesi di nuovi metaboliti o alla concentrazione di alcuni di questi rispetto ad altri. Una condizione che per noi è alla base della ricerca che conduce all’innovazione. Studiamo dunque questi metaboliti come elementi funzionali di difesa della pianta che potrebbero esercitare la stessa difesa anche sui nostri sistemi, arrivando così ad avere molecole innovative che possono generare risultati sui capelli e sulla pelle».

Tra foliage variopinti, profumi e biovarietà, entrare nel giardino scientifico è anche un’esperienza che sollecita i sensi a tutto tondo.

«La sensorialità è un fattore a cui abbiamo attribuito molta importanza. Ecco perché vi sono diverse aree dedicate alle profumatissime piante aromatiche, racchiuse all’interno di ceste in Salice intrecciato. Non mancano poi l’orto delle piante medicamentose e l’orto dei colori, dove studiamo piante tintorie utili per sviluppare pigmenti di origine naturale. Ad abbracciare tutta questa scientificità, a lato del giardino sono infine presenti fiori di mille varietà, dalle rose alle dalie, e ancora bellissimi agapanti che in fioritura ricordano vivaci fuochi d’artificio e splendide calle. Tutto ciò quasi a sottolineare come in Davines ci sia tanta attenzione al dettaglio scientifico e all’efficacia, mai disgiunti da sensibilità e piacevolezza. Dopotutto, il momento stesso della beauty routine è un piccolo piacere quotidiano atto al benessere, che passa attraverso differenti aspetti e componenti anche emozionali».

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Parlando appunto di benessere, l’integrazione delle aree verdi anche nei luoghi di lavoro può rivelarsi determinante. Un’operazione che risponde all’esigenza collettiva di ripristinare il contatto con la natura, ovunque ci si trovi, in parte ereditata dall’esperienza della pandemia, in parte dovuta alla crescente attenzione verso la tutela dell’ambiente. Come viene percepita ed esperita da parte dei lavoratori questa dimensione osmotica nel Village?

«La natura fa bene a tutti, è importante avere questa esposizione anche solo per pochi minuti al giorno. Per questo motivo incentiviamo pause nel verde, per ricaricare corpo e spirito tra gli elementi naturali e godere degli effetti benefici derivanti dal loro contatto diretto. La bella stagione apre peraltro le porte agli incontri all’aperto. Sia nella corte interna che nel giardino stesso, tavoli e aree ombreggiate consentono di organizzare meeting e attività lavorative open air, in un’ottica di lavoro smart, che vuole migliorare la qualità della vita».

Ampliando l’orizzonte, il giardino scientifico Davines rappresenta un’interessante testimonianza di come le imprese possano giocare un ruolo chiave nell’innescare cambiamenti positivi e influenzare una trasformazione green dei nostri tessuti urbani.
Da questa consapevolezza deriva anche la vostra adesione al progetto KilometroVerdeParma, di cosa si tratta?

«Questo progetto nasce inizialmente come cordata di imprenditori, poi aperto alla collettività, con l’obiettivo di creare aree verdi efficaci nel mitigare l’inquinamento atmosferico e lasciare in eredità alle generazioni future una maggiore qualità del nostro ambiente cittadino. Davines si fa promotrice del progetto nella sua stessa area: tutto il fronte autostradale dell’azienda viene caratterizzato dalla presenza di un bosco, studiato in modo tale da poter fare da filtro acustico e ambientale per bloccare le polveri sottili ed elementi inquinanti derivanti dal traffico veicolare e non solo. L’insieme di piante arboree ed arbustive che è stato inserito annovera specie non solo tolleranti all’inquinamento, ma capaci di assorbire alte concentrazioni di CO2, inquinanti gassosi e catturare le pm10. Tra gli alberi utilizzati troviamo ad esempio l’ontano, il pioppo bianco, il salice bianco, l’agrifoglio e l’albero di Giuda; mentre tra gli arbusti si contano il salicone, il cornus siberiano, il viburno lucido e l’eleagno. La distribuzione delle piante arboree è stata studiata per creare dei gruppi monospecifici, quindi composti dalla stessa specie arborea, ma intersecati tra loro così da conferire un aspetto il più naturale possibile. Per aumentare la mitigazione acustica ed ambientale sono state realizzate delle collinette, mediante movimentazione del terreno derivato dagli scavi effettuati per la realizzazione dell’edificio. La presenza di piccoli rilievi fa sì che il rumore proveniente dall’autostrada risulti attutito».  

Il giardino del Davines Village sarà eccezionalmente aperto al pubblico in occasione del festival Interno Verde Parma, sabato 27 aprile. La visita sarà possibile solo su prenotazione, per restare aggiornato su questa e sulle tante iniziative comprese nel programma dell’evento continua a seguire Interno Verde tramite i suoi canali social oppure iscriviti alle newsletter.

Sabrina Tassini

Redattrice

Giornalista e lifestyle editor, emiliana di nascita e globe trotter per vocazione. È appassionata di vintage e design, ama il jazz, i tortellini, il Giappone e i libri antichi. Non potrebbe vivere lontana dalla natura, senza il cinema francese, la scrittura e l’ironia.

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