Una miniera inesauribile
Da industria del carbone a parco cittadino, le tante vite dello Zollverein di Essen
Parole di Irene Dovadoli | Illustrazione di Raffaele Primo Capasso | Aprile 2024
Illustrazione di Raffaele Primo Capasso ©InternoVerde
Il parco si raggiunge comodamente con il tram. Si capisce che si è arrivati quando ci si trova davanti la grande scritta: Zollverein. Basta questo per essere trasportati nel tempo, indietro di due secoli, in piena rivoluzione industriale, quando dal sottosuolo si estraeva carbone e ricchezza per tutta la zona della Ruhr, in Germania.
Un’intera economia ruotava attorno a questo giacimento, già all’epoca all’avanguardia per le sue strutture moderniste in stile Bauhaus, progettate dagli architetti Fritz Schupp e Martin Kremmer.
Costruzioni che sprofondavano nella terra per ricavarne carbon fossile e che toccavano il cielo con le ciminiere per la distillazione del coke. Un complesso di torri, impalcature metalliche, depositi, macchinari di setacciatura, impianti di lavaggio, nastri trasportatori, forni.
Dalla metà dell’800 al 1986 questo è stato lo scenario, in continua espansione. Poi è arrivata la globalizzazione e la conseguente crisi del settore dell’acciaio tedesco, che non è più riuscito a competere con le superpotenze, fino a dover abbandonare del tutto l’attività.
Lo sviluppo economico non ha lasciato scampo a questo settore di mercato, ma allo stesso tempo ha ridato nuova vita a un sito che, grazie alla visione lungimirante dell’amministrazione di Essen, si è progressivamente trasformato in un parco multifunzionale al servizio della comunità.
Superata la grande insegna all’ingresso, si viene subito indirizzati verso due musei: il Museo Ruhr di storia naturale e culturale, e il Red Dot Design Museum, che racchiude le eccellenze mondiali del design.
Foto di Caterina Lodi e Andrea Lalli ©InternoVerde
Proseguendo, ci si può addentrare tra diversi percorsi ricavati dai vecchi binari che trasportavano il carbone, tra i quali ora crescono rigogliose betulle.
Le antiche architetture industriali che fiancheggiano le strade del parco, continuano a osservare i passanti come entità silenziose e autorevoli di quella che è stata la storia del luogo, tra fatiche, sviluppo, inquinamento e lavoro.
Andando verso la cokeria si incontrano famiglie a spasso, giovani che pattinano e ascoltano musica, oltre a gruppi di turisti accompagnati in suggestive visite guidate dagli ex minatori.
Se dalla vocazione commerciale di questo luogo si è arrivati a questo, lo si deve a chi ha saputo coglierne il potenziale. In un primo momento l’unica via percorribile per il recupero dell’area era sembrata la demolizione, grazie all’Esposizione Internazionale di Architettura Emscher Park (programma per i cambiamenti strutturali della Ruhr), poi si è iniziato a intravedere altre opzioni.
Nel 1998 è stata istituita la Fondazione Zollverein, voluta dalla città di Essen, dallo Stato della Renania Settentrionale-Vestfalia e dall’Associazione regionale della Renania.
Foto di Caterina Lodi e Andrea Lalli ©InternoVerde
Mentre si vagliavano diverse alternative di ridestinazione, l’artista Ulrich Rϋckriem ha scompaginato tutto, ponendo al centro dell’area una sua opera chiamata Castell. Questa è stata la scintilla per iniziare a immaginare qualcosa di differente: diverse attività legate alla cultura hanno iniziato ad abitare questi spazi e nel 2001 l’intero complesso è stato inserito nella lista UNESCO.
Dal 2002 al 2003 con l’architetto Rem Koolhass di studio OMA prima, lo studio Agence Ter e Henry Bava dopo, si sono sviluppati i primi masterplan disegnando un anello esterno che contenesse il sito, secondo la definizione di walled city, città murata. Al primo disegno, si sono andate aggiungendo altre componenti, valorizzando la vegetazione spontanea e individuando le vecchie rotaie come nuovo sistema di percorsi.
Una tappa decisiva del recupero è stato il concorso internazionale aperto nel 2005, vinto da Planergruppe Oberhausen per il paesaggio, Observatorium per gli aspetti artistici arte, F1rstdesign per il sistema di orientamento e LichtKunstLicht per l’illuminazione.
Foto di Caterina Lodi e Andrea Lalli ©InternoVerde
Harald Fritz, all’epoca direttore generale di Planergruppe Oberhausen, lo studio tedesco di architettura del paesaggio che ha progettato l’intervento di recupero, ha definito questi luoghi paesaggi dimenticati.
«Nessuno si preoccupa di loro. Sono terre di nessuno, qui si nasconde la vita degli animali e delle piante. Le “persone normali” si incontrano raramente: tranne bambini disobbedienti, giovani che fuggono da casa, e alcuni “addetti ai lavori eccentrici”, che vedono questi paesaggi dimenticati come tesori da scoprire».
L’importanza di non contraddire le fasi precedenti e di lavorare in maniera olistica è stata da subito la volontà Fritz, che ha accolto l’idea di ring promenade come elemento di orientamento, l’arte come componente e l’illuminazione non solo come elemento funzionale.
I progettisti hanno ben presto capito che la conversione di questi spazi si sarebbe sviluppata per diversi anni, per questo, hanno definito un programma di cura del luogo flessibile, sebbene con intenti chiari.
Questo, ancora oggi, è portato avanti dallo studio Planergruppe GmhB.
Il Parco è stato diviso in diverse aree e sei/otto volte all’anno si decide con i giardinieri cosa fare, cosa mantenere e cosa non toccare. Nella stessa maniera vengono portati avanti i lavori ai manufatti e, intanto, si aprono nuove attività, si svolgono differenti iniziative e c’è sempre personale pronto ad orientare i visitatori.
Percorsi ciclabili e da jogging, concerti, spettacoli di teatro, festival, una piscina e una pista del ghiaccio: queste sono solo alcune delle attrazioni del parco.
Diversi parcheggi permettono di arrivare qui durante i fine settimana, mentre è negli altri giorni che lo Zollverein entra a far parte della quotidianità di chi abita nelle vicinanze.
La comunità circostante non è sempre stata favorevole al progetto di riqualificazione, per la volontà di dimenticare e di investire in altri settori.
Ma, come raccontano con orgoglio gli ex cockers durante le guide, si può anche preservare quello che ci ha caratterizzato e cogliere l’opportunità di realizzare uno spazio per la comunità e per chi lo visiterà in futuro.
Irene Dovadoli
Redattrice
Nata a Bologna, studia a Firenze ‘Architettura del Paesaggio’ per affinare lo sguardo su ciò che la circonda. Nel tempo libero fa danza contemporanea, lunghe passeggiate e visita musei. Ama i consigli su nuova musica o podcast e le chiacchierate serali.
Raffaele Primo Capasso
Illustratore
Illustratore, proviene dal mondo dell’architettura, disegna da quando ha memoria. Ama rappresentare architettura e natura su taccuini che porta sempre in tasca, organizza workshop e laboratori sperimentando sempre nuove tecniche di rappresentazione.