L’orto ideale, secondo Carlo Magno

A Mantova si coltiva seguendo fedelmente il Capitulare de Villis

Parole di Debora Vitulano | Immagini di Giulia Nascimbeni | Maggio 2024

L’Orto Carolingio di Mantova, da terreno abbandonato si è tramutato in un giardino sul modello fornito dal Capitulare de Villis Vel Curtis Imperii di Carlo Magno. Qui oggi si coltivano fiori, erbe e piante –  sia officinali, sia utili all’alimentazione – e si tengono percorsi didattici per studenti e curiosi di tutte le età. Inoltre, si è creato un vero e proprio mini ecosistema cittadino, con insetti impollinatori, topolini, qualche gatto e perfino un fagiano. A raccontarci questa storia di rinascita è Claudio Bondioli Bettinelli, presidente dell’associazione Mantova Carolingia, partner di Interno Verde fin dalla sua prima edizione in città.

Come nasce l’Orto Giardino del Gradaro dedicato a Carlo Magno?

Nell’800 d.C. Mantova fu una delle città italiane in cui fece tappa Carlo Magno, re dei Franchi, nel corso del suo lungo viaggio da Aquisgrana a Roma. Lì, nella notte di Natale, sarebbe stato incoronato imperatore del Sacro Romano Impero da Papa Leone III. Da allora, il percorso intrapreso sarebbe stato chiamato Via Carolingia. Ed è proprio per conservare la memoria di questo evento e valorizzare l’eredità storica, culturale, artistica e religiosa dell’epoca che nasce l’associazione Mantova Carolingia.
Il suo principale progetto è proprio l’hortus conclusus che oggi sorge al Gradaro, quartiere storico ma periferico, stretto fra il centro e il Lago Inferiore. «Volevamo creare un luogo in cui il pellegrino potesse fermarsi durante il cammino e che potesse favorirne la meditazione», spiega Claudio.

Nel 2019 l’associazione si fa affidare in comodato d’uso dalla diocesi un terreno incolto, che tuttavia ha una lunga storia. Fa, infatti, parte del complesso monastico di Santa Maria del Gradaro, uno dei più antichi della città, che comprende anche una splendida chiesa duecentesca. Si dice che qui, nel 37 d.C., fu martirizzato Longino, il soldato romano ceco da un occhio che trafisse Cristo sulla croce e che divenne poi uno dei primi santi cristiani. Egli voleva accertarsi che Gesù fosse morto: il sangue che zampillò dal costato gli recuperò la vista e lui lo raccolse in quella che poi divenne la reliquia dei Sacri Vasi, custodita nella basilica mantovana di Sant’Andrea. Fu proprio Carlo Magno, in occasione del suo passaggio in città, a testimoniare pubblicamente l’autenticità della reliquia: certificazione importantissima, perché contribuì a determinare il viaggio di molti fedeli e quindi a favorire la crescita dell’intero agglomerato urbano.

Durante la Seconda Guerra Mondiale il complesso del Gradaro fu trasformato in campo di concentramento e campo profughi. Un capitolo buio di cui alcune pietre del muro ancora serbano il ricordo: qui sono, infatti, ancora leggibili le incisioni fatte dai prigionieri. Solo pochi decenni fa si riuscì a consacrare nuovamente la chiesa e a far tornare i religiosi nel grande convento, che venne affidato alle Suore Oblate dei Poveri. Le sorelle coltivavano per la propria mensa verdure e ortaggi, ma con l’avanzare dell’età facevano sempre più fatica a occuparsi dell’appezzamento. Il terreno venne quindi abbandonato fino al 2019, anno in cui si iniziarono a tracciare i primi sentieri del futuro Orto Carolingio, ideato per seguire con la massima fedeltà filologica le prescrizioni di Carlo Magno.

© Associazione Mantova Carolingia

Il Capitulare de Villis Vel Curtis Imperii prende vita a Mantova

«Vogliamo che nell’orto sia coltivata ogni possibile pianta… e l’ortolano faccia crescere sul tetto la barba di Giove». Così si legge nel Capitulare de Villis Vel Curtis Imperii, il Decreto sulle ville di Carlo Magno, che esortava i luoghi sacri a munirsi di un orto-giardino con cui sostentarsi, elencando precisamente ben ottantacinque specie di alberi, piante ed erbe officinali e tintorie.

Nell’Orto Carolingio del Gradaro ci sono tutte, dal mandorlo al mughetto, dal cavolo alle viti. Alcune piante arrivano  dalla Germania, sono un dono della città tedesca di Weingarten, gemellata con Mantova proprio perché anch’essa tramanda la leggenda di San Longino.

L’orto consiste in uno spazio rettangolare di circa settecento metri quadrati, chiuso su tutti i lati dalle mura storiche. Un cerro e una siepe di bosso introducono il visitatore al giardino dei fiori. Proseguendo, si accede all’erbario con ortaggi, tuberi ed erbe officinali, che non nascono a terra ma in vasche rialzate, chiamate prese, costruite in legno di nocciolo. Quindi, si passa sotto un pergolato su cui si arrampicano il vigneto e alcune rose. Fra i vitigni compare anche l’Ancellotta, antico antenato del Lambrusco, il tradizionale vino della zona. In fondo all’orto si incontra il frutteto, con antichi alberi da frutto in parte coltivati a spalliera. Infine, sul tetto del deposito, spunta proprio lei, la barba di Giove!

© Associazione Mantova Carolingia

A curare le scelte botaniche e l’impianto delle architetture vegetali è stato il dottor Giorgio Grossi, mentre l’idea progettuale dell’orto è dell’architetto Roberto Soggia. La piantumazione e la realizzazione dei manufatti in legno che organizzano le coltivazioni sono state realizzate in collaborazione con Mantova Ambiente. A occuparsi della cura e della manutenzione di quello che Claudio definisce «un piccolo paradiso per il pensiero» sono gruppi di volontari, fra cui l’associazione Gli Scarponauti, impegnata anche nella mappatura e segnaletica del tratto mantovano del cammino della Via Carolingia.

Del microcosmo che si è creato all’interno e attorno all’Orto Carolingio parla un libro, realizzato dall’associazione. Si chiama L’Orto Giardino del Gradaro dedicato a Carlo Magno, con testi di Dario A. Franchini, che raccoglie, illustra e descrive anche tutte le specie di piante che popolano questo hortus conclusus d’altri tempi.

Debora Vitulano

Redattrice

Giornalista, scrittrice, traduttrice ed editor freelance, vive tra Parma e Mantova. Italo-russa, è appassionata di linguistica, letteratura, musica, arte e moda. Pratica yoga, le piace viaggiare e ama la natura e gli animali.

Giulia Nascimbeni

Fotografa | Art director di Interno Verde

Grafica e fotografa. Collabora con l’associazione Ilturco dal 2016, ovvero dalla prima edizione del festival dedicato ai giardini di Ferrara, è co-fondatrice della cooperativa Interno Verde, creata nel 2021 per supportare la crescita dell’evento. Se fosse una pianta sarebbe un agapanto.

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