Speciale Esterno Verde
L’evento dedicato ai paesi lungo il Po di Volano, raccontato (e consigliato) da chi lo organizza
Parole di Licia Vignotto | Immagini dall’archivio di Interno Verde | Giugno 2024
Quanto è bello andare in bicicletta per le campagne? Per quante volte si possa percorrere la stessa identica strada, sempre ci si imbatte in qualcosa di nuovo. Cambiano i colori del cielo, la forma delle nuvole, si nota un casale, una fioritura, il balconcino in ferro battuto di una villa diroccata, la corsa ridicola di un fagiano, un pesce che saluta con la pinna dalle acque torbide del canale. Certo, non a tutti il paesaggio estense appare così idilliaco e interessante. C’è chi lo trova semplicemente povero di attrattiva e noioso, e non serve a nulla puntare il dito contro chi tutta questa bellezza proprio non la vede.
Lo sguardo va abituato e c’è bisogno di tempo e attenzione. Le rivelazioni, i capovolgimenti di prospettiva, quando arrivano sembrano improvvisi. D’un tratto si nota qualcosa che prima non si notava, si capisce qualcosa che prima non si capiva, e il mondo è più ricco. In realtà queste epifanie sono frutto di percorsi lenti e costruiti.
Spesso chi abita un luogo fa fatica a vederlo, campi e boschetti riempiono il finestrino nel tragitto da casa al lavoro o da casa a scuola e rappresentano poco più che un indistinto sottofondo alla propria ruotine, ai pensieri che si muovono più in là, stanno altrove. Si attraversano i paesi come un vuoto inevitabile, un pedaggio di noia, apparentemente e irrimediabilmente uguale a sé stesso.
Come convertire l’abitudine in curiosità? Trasformare lo scontato in meraviglia? Iniziando a dare un nome alle cose. Provo a spiegarmi meglio. Quando si impara il nome di un nuovo albero tutta la realtà che ci circonda cambia, si complica, diventa più vivace e interessante: nel verde vago di un parco posso chiamare qualcuno per nome, che sia un acero o un ontano, e quel qualcuno spicca ai miei occhi in mezzo agli altri, assume identità, e nel momento in cui ha identità possiamo diventare amici, posso volergli bene.
Il primo obiettivo di Esterno Verde, progetto sperimentale dedicato al territorio che circonda la città, avviato qualche anno fa insieme al festival Interno Verde, è esattamente questo: far pronunciare alle persone i nomi delle strade, i nomi delle corti, i nomi delle ville, i nomi delle chiese. I vecchi palazzotti di cui è disseminata la pianura non sono tutti uguali. A Quartesana c’è quello con la colombaia del Cinquecento, si chiama Villa Imoletta, ci passava la villeggiatura un conte estroso, amante dei cani da caccia. C’è anche quello rossiccio e leggermente barocco, si chiama La Grillaia, ci abitava il poeta e studioso Girolamo Baruffaldi. E i campanili? Ad Albarea c’è quello pendente dell’Aleotti, architetto di corte celeberrimo, i turisti pagano un biglietto per vedere il teatro che ha costruito per i Farnese a Parma, sì che veniva da Argenta. E gli impianti idrovori? C’è Sant’Antonino a Cona, col laghetto delle anatre, che pare tanto quieto e sereno nella sua imponenza, eppure dal suo funzionamento dipende la salute dell’intero ospedale, che senza le sue pale e turbine finirebbe sott’acqua.
Insegnare alle persone nomi nuovi significa presentare loro nuovi possibili amici, qualcosa che possono riconoscere nella folla, qualcosa che non è più grigio brusio, rumore di fondo, qualcosa che diventa qualcuno, a cui la prossima volta ci si potrà rivolgere con familiarità.
Esterno Verde prova a raggiungere questo primo e non banale traguardo sfruttando dei mezzucci: la sbiciclata in compagnia, la gita in battello, il pranzo all’aperto. Mentre propone queste attività nomina i posti, li mostra, li racconta, li dettaglia. La mappa in questo processo è fondamentale. Certo c’è Google che ci può portare da un luogo all’altro, basterebbe inserire l’indirizzo e lasciarsi guidare dal navigatore, ma leggere un nome su un pezzo di carta è diverso. Ah, quindi adesso andiamo tutti a Villa Camaioli, bene. Adesso il mondo è un po’più bello, c’è un nome in più.
I primi due appuntamenti di Esterno Verde 2024 si sono svolti ad aprile e a maggio, hanno toccato le frazioni e i paesi di Pontegradella, Focomorto, Baura, Contrapo, Codrea, Viconovo, Villanova, Denore, Sabbioncello e Copparo. Quanto suonano bene tutti questi nomi vicini? Sembra una filastrocca. Il prossimo appuntamento si terrà sabato 22 giugno, e si dipanerà attraverso i frutteti e gli orizzonti aperti di Cocomaro, Cona, Quartesana e Gualdo.
Il mio consiglio per chi vuole vivere al meglio questo appuntamento è semplice: occhi aperti, per guardare ciò che nel pomeriggio sarà straordinariamente accessibile al pubblico (ville e parchi meravigliosi, glicini e boschetti di bambù, leggende estensi e memorie della guerra), ma soprattutto farci entrare tutto il resto, tutta la vita di rami al vento ed erbe palustri, tronchi di bagolari e gallinelle d’acqua, doppi filari e misteriosi cippi di pietra e cancelli senza senso, chiusi in fronte alla boscaglia, senza recinzione.
Cantava Giovanni Lindo Ferretti, e magari non stava esattamente pensando alla campagna ferrarese quando ha scritto il testo della canzone ma non importa, aveva perfettamente ragione:
il vuoto è pieno.
Ultimissima nota: la proiezione sotto le stelle, nel prato di Villa Imoletta, del terzo sperimentale film di Pupi Avati non sarà qualcosa di raro, sarà qualcosa di unico. “La mazurka del barone, della santa e del fico fiorone”, storia surreale di un albero monumentale, con un sorprendente giovane Lucio Dalla nel ruolo di trattorista, girato in provincia di Ferrara e di Bologna. Davvero, non si può perdere.
Licia Vignotto
Redattrice | Responsabile del festival Interno Verde
Co-fondatrice dell’associazione Ilturco, che nel 2016 ha ideato e lanciato Interno Verde, e co-fondatrice dell’omonima cooperativa impresa sociale, creata nel 2021 per gestire al meglio l’evento. Responsabile del festival, descrive il suo lavoro “una via di mezzo tra l’investigatore privato e lo stalker”.