National Garden Scheme, giardini privati a sostegno della sanità pubblica
A Londra da 170 anni famiglie e associazioni aprono i loro spazi per finanziare gli ospedali
Parole, foto e illustrazioni di Laura Bonini | Luglio 2024
Se il centro di Londra inizia a sembrare una lista della spesa di attrazioni da spuntare, il National Garden Scheme è l’occasione perfetta per scoprire angoli totalmente inesplorati non solo della capitale, ma dell’intero Regno Unito. Questa iniziativa filantropica, che da più di 170 anni ha come obiettivo sostenere la sanità pubblica, apre al pubblico migliaia di giardini nascosti, privati, o altrimenti inaccessibili, non solo per permettere alle comunità di godere della loro bellezza in cambio di un piccolo contributo, ma anche perché immergersi nel verde fa bene al corpo, allo spirito… e agli ospedali.
I maggiori beneficiari dei fondi ricavati dalle donazioni raccolte con l’accesso ai giardini sono il Macmillan Cancer Support, Marie Curie, Hospice UK, e il The Queen’s Nursing Institute. Tra i fondatori del QNI spiccano i nomi di Florence Nightingale e di Elsie Wagg, a cui nel 1927 si deve l’idea di sfruttare la vera e propria ossessione degli inglesi per i giardini per finanziare il sistema infermieristico nazionale. Winston Churchill stesso partecipò all’iniziativa: inutile dire che il successo fu immediato, con più di mille giardini aderenti già negli Anni Trenta. E come se i personaggi illustri non bastassero: la presidentessa dell’associazione è Mary Berry, la madrina di Bake Off UK, e Re Carlo III è tra i sostenitori di più lunga data, tant’è che definisce il NGS «una miscela unica di inglesità, il connubio di cura e giardini».
Un po’ come Dorothy, basta seguire i cartelli e le frecce gialle per arrivare ad una Londra di smeraldo, oppure basta munirsi della guida apposita, soprannominata per l’appunto Yellow Book. Tra i 3500 giardini aperti, in un inizio estate che sembra piuttosto autunnale, Interno Verde ha avuto l’onore di visitare alcune vere e proprie gemme londinesi.

Giardino Zen del centro buddhista giapponese Three Wheels
Ogni roccia, ogni legame è importante. Nulla è lasciato al caso e tutto è affidato alla meditata armonia tra razionale e inconoscibile, ad un uno formato da un’infinità di singoli dipendenti e interdipendenti al contempo. Le rocce sono dodici come le note musicali del tradizionale Gagako suonato al tempio, ognuna con una sua texture, forme più appuntite e più smussate, grigi più freddi e più rosati. Provengono da zone diverse del Regno Unito, dalla Cambria al Galles, dall’Irlanda del Nord alla Scozia, ma seguono un disegno prettamente giapponese, frutto della penna del britannico John White, amico e collaboratore del Rev. Prof. Kemmyo Taira Sato, il cui discorso appassionato ha permesso al pubblico di immergersi nella tranquillità che emana da questo luogo. Spaziando dalla filosofia giapponese e cinese ad aneddoti tra il toccante e il divertente, le sue parole hanno svelato alcuni misteri di questo giardino. Qui regna il concetto di wa, armonia nella diversità, riassunto nei Dialoghi di Confucio in “il povero in spirito si conforma agli altri ma non vi si armonizza, l’uomo nobile d’animo entra in armonia senza conformarsi”. Ovvero ogni elemento è parte del tutto, ma deve essere considerato nella sua individualità per poter apprezzare il giardino. Così come le rocce, di cui solo una porzione è in superficie mentre il resto è nascosto alla vista, e solo conoscendo la storia di ognuna se ne comprende la bellezza, anche questo angolo di quiete ci insegna che l’essenziale è invisibile agli occhi, conoscibile solo con il cuore.
I giardini di Marksbury Avenue
Per certi versi, addentrarsi in giardini privati è un’avventura, un rito di passaggio. Se si sconfigge l’iniziale senso di intrusione e si varca il cancello di ferro battuto, o la staccionata imbiancata di fresco, ecco che i padroni di casa ti accolgono con una tazza di tè, piantine di lavanda da portare a casa, e fotografie dell’estate passata a progettare e costruire il giardino che mostrano con tanto orgoglio. In questi cinque giardini tanto diversi aleggia un’aria di comunità, di gioioso desiderio di condividere. La chiesa all’angolo offre torte fatte in casa dai vicini e tè al latte bollente da sorseggiare all’ombra del campanile per tutti quelli che si presentano con un biglietto d’ingresso ai giardini. La sorpresa più grande? Che i visitatori sembrano conoscersi tutti, amici di lunga data pronti a spendere qualche sterlina per una buona causa e del tempo insieme, scambiandosi gli indirizzi dei migliori fioristi in cui trovare felci giganti e opinioni sulle rose rampicanti più adatte per un muro esposto a nord. L’affetto con cui la proprietaria parla del piccolo ginkgo biloba che non vede l’ora di trapiantare nel suo giardino neozelandese, il sorriso caloroso della signora del giardino accanto mentre mostra una fuchsia rigogliosa dicendo di averla comprata per pochi centesimi perché sembrava in fin di vita ed è invece rinata grazie alle sue cure, l’orto-giardino dell’artista della casa di fronte in cui ogni vaso è colmo di ricordi come il geranio di Majorca, portato in Inghilterra da una talea nascosta nella borsetta di sua madre quarant’anni fa… Come non sentirsi a casa?
Il parco di Ormeley Lodge
Alle porte di Richmond Park sorge una villa, o, per meglio dire, un lodge, a dir poco maestosa. I Goldsmith, i proprietari, amano i cani fin dalla metà dell’Ottocento. Piccole lapidi con epitaffi poetici sono riservate ai segugi e levrieri della famiglia, ma passeggiare per questo giardino è immergersi in un lusso vecchio stile: statue a grandezza naturale raffiguranti animali esotici, tra cui elefanti, gorilla, un rinoceronte e una tartaruga gigante si affiancano a un tradizionale knot garden, ad alte siepi labirintiche e mura di cinta tappezzate da rose rampicanti che portano ad un campo da tennis a Est che tanto ricorda la scena ne Il Giardino dei Finzi Contini di Bassani, e un orto con tanto di pergola se si percorrono verso ovest. C’è qualcosa di stravagante nell’accostamento di eleganti querce e pioppi bianchi ad una carovana da circo trasformata in un angolo da lettura, nell’affiancare anfore strabordanti di campanule viola a un campetto da calcio e una casetta sull’albero, una meravigliosa piscina adiacente ad un pollaio, con tanto di galline Marans nere, ramate e argentate. Ma è la giusta dose di eccentrico che, disseminata ad arte, non stona con la tradizionale eleganza della villa, tutta mattoni a vista, infissi bianchi, e grandi finestre luminose. Come la posizione del giardino stesso, a metà tra campagna inglese e il lusso di Richmond e Londra, è un luogo che invita a sedersi su una panchina e osservare la maestria con cui ogni singolo fiore e albero è stato scelto, prendendo silenziosamente appunti per i propri lavori nel giardino di casa.

Il National Garden Scheme dura da primavera ad autunno. Raggiunge ogni angolo del Regno Unito, e ha il potere di riconnettere le comunità, restituendo agli occhi dei turisti, ma soprattutto dei locali, un caldo e accogliente bagliore di meraviglia.

Laura Bonini
Redattrice
Laura Bonini è nata nel 1999 ed è originaria di Sermide, Mantova. È Laureata in Lingue Mercati e Culture dell’Asia, studia Lingua e Cultura Italiane per Stranieri all’Università di Bologna. I suoi diari di viaggio raccolgono ricordi in inchiostro e acquerello. Se volete farle gli auguri, il suo compleanno è il 30 settembre.