Ricordi al gusto alchechengi
Le donne rifugiate ritrovano le loro tradizioni gastronomiche attraverso le piante
Parole di Tania Droghetti | Illustrazione di Anna Di Perna | Immagini di Tania Droghetti e Giulia Nascimbeni | Novembre 2024
© Anna Di Perna
I ricordi sono spesso legati a odori, sapori e colori. Lo hanno spiegato bene Vita, Olena e Delphine durante l’iniziativa “Pagine Parlanti”, che a Ferrara ha riempito il giardino di Casa Betania di ricette e aneddoti su piante e fiori da Ucraina, Costa D’Avorio, Camerun e Nigeria.
Casa Betania è una struttura di accoglienza, che a settembre in occasione del festival Interno Verde ha aperto le proprie porte al pubblico, per mostrare il chiostro rinascimentale normalmente celato alla vista dei passanti e proporre ai più curiosi un percorso dedicato alla memoria sensoriale.
Le tre donne che hanno accompagnato i visitatori in questo viaggio sono ospiti di Casa Betania e fanno parte del progetto Caritas per donne e bambini richiedenti asilo. Per Vita, Olena e Delphine portare in quel giardino una parte delle loro tradizioni, della loro storia, della loro terra, è stata un’esperienza toccante e molto bella.
Olena viene dall’Ucraina del sud e vive in Italia da due anni e mezzo, per “Pagine Parlanti” ha raccontato dell’importanza di un rito particolare, condiviso da molte famiglie ucraine.
«Ogni anno in primavera si va sui monti Carpazi per raccogliere piante e fiori che crescono in quella zona, come l’erba di San Giovanni, le fragoline di bosco, i frutti di sorbo, il biancospino, la menta, l’origano. Poi fiori e frutti vengono essiccati e utilizzati per preparare delle tisane, che si bevono soprattutto d’inverno quando hai il raffreddore, la tosse o la febbre. Questa è una tradizione che mi manca, alcune di queste piante non le ho più viste perché sono tipiche delle zone di montagna ma in compenso qui, in particolare nel giardino di Casa Betania, ne ho scoperte di nuove, come l’alchechengi, che mi ha colpito subito per i suoi fiori arancioni a forma di lanterna e perché le bacche si possono mangiare. Anche piante che già conoscevo qui hanno un odore e un sapore diverso, la menta per esempio o la senape. Durante Interno Verde ho incontrato tante persone, alcune molto più preparate di noi sulle piante del giardino, al punto da spiegarci loro che piante fossero!».
Per Olena è stato bello parlare con i visitatori, scambiarsi storie e ricette, scoprire cose nuove sul basilico, l’origano, le viole e far scoprire a sua volta, per esempio, che il grano saraceno in Ucraina è diverso dal nostro, che si usa in semi e che si mangia durante tutta la giornata: a colazione con il latte caldo, lo zucchero, il burro o il miele, a pranzo e a cena con le verdure o in insalata per accompagnare la carne.
«La gente restava stupita, perché qui lo si usa come farina. È un grano diverso in effetti, io continuo a farmelo mandare da mia madre e a cucinarlo come in Ucraina», perché ci sono alcuni sapori che proprio non si possono dimenticare o sostituire.
Come quello del borscht, una zuppa a base di barbabietola rossa, carne di maiale, cavolo cappuccio, panna acida, aneto, fagioli, patate e concentrato di pomodoro. È stata Vita a parlarne durante Interno Verde: «ogni famiglia in Ucraina ha la sua ricetta, che si tramanda di generazione in generazione».
Questo piatto è talmente legato alla terra da cui arriva che l’Unesco ha deciso di aggiungerlo al patrimonio culturale immateriale da proteggere perché «questa zuppa è parte integrante della vita quotidiana ucraina, quasi un membro della famiglia!».
Vita è in Italia da due anni e mezzo e non ha mai smesso di cucinarlo: «lo facevo a casa e lo faccio qui, è una tradizione che mi sono portata dietro, a cui non rinuncio, e se non trovo qualche ingrediente lo sostituisco, per esempio la panna acida con lo yogurt greco».
Anche lei, come Olena, è rimasta molto colpita dall’esperienza delle “Pagine Parlanti”, anche se l’anno prossimo vuole stare dall’altra parte, ovvero fare lei la visitatrice: «qua in Italia i giardini privati sono chiusi, in Ucraina no, puoi entrare a vederli. Così l’anno prossimo voglio vedere quelli di Ferrara!».
Vita vuole poter vedere da vicino alcune piante che l’hanno particolarmente colpita e che a casa sua non ha mai visto: le palme e i pini marittimi. Anche per lei l’alchechengi è stata una scoperta.
In Camerun invece, il paese da cui arriva Delphine, questa pianta con i fiori dalla tipica forma di lanterna rossa cresce lungo le strade e i bambini, tornando da scuola, raccolgono le bacche e le mangiano. L’eru invece si trova solo in Africa centro occidentale. Si chiama così in Camerun ma ha nomi diversi negli altri paesi.
«È una pianta rampicante tipica della foresta pluviale, cresce selvaggia, si adatta per sopravvivere, cercando la luce tra le altre piante – spiega Delphine, con la stessa passione con cui ne ha parlato ai visitatori di Interno Verde – le sue foglie sono verdi e dure, vengono raccolte, sminuzzate e usate per molti piatti tipici: per la zuppa con il pesce affumicato, insieme a carne e pelle di manzo, con le lumache, accompagnate dal fufu, altro piatto tipico di quelle zone, una specie di pane ricavato dalla radice di manioca, che secondo la tradizione va lasciata a “fermentare” nel fiume per tre giorni, poi si lessa, si lavora, si schiaccia e si mette sul fuoco per creare dei piccoli panetti che accompagnano altro cibo, come l’eru appunto. A volte il fufu fa da cucchiaio».
Il sapore è davvero forte, per questo va unito a qualcos’altro: «ha un odore e un gusto che ho in testa – racconta Delphine – ma che non riesco a descrivere, è molto particolare, non è dolce ma non è neanche amaro, è unico».
In Italia lo si può trovare nei negozi africani e così Delphine lo cucina spesso alla sua bambina, a cui piace molto. Più difficile per lei è trovare altre piante tipiche del Camerun, come il country onion, un albero dalle cui bacche davvero molto dure si ottiene una spezia. Non bisogna farsi ingannare dal nome, non ha niente a che fare con le nostre cipolle: si chiama così per via del profumo delle bacche, che ricorda vagamente la cipolla o l’aglio.
Tante piante qui Delphine non le può vedere né annusare, ma tante altre sì per fortuna, come alcune di quelle che si trovano nel giardino di Casa Betania e che le ricordano il suo Camerun, la borragine per esempio. Guardarle e toccarle la fa sentire più a casa.
Grazie alle “Pagine parlanti” e a Interno Verde Olena, Vita e Delphine, e le altre ragazze che hanno partecipato all’iniziativa, hanno potuto far conoscere tradizioni importanti dei loro Paesi e a loro volta hanno scoperto una parte delle nostre, uno scambio che ha reso questa esperienza, basata su sapori, colori e odori, arricchente per tutti. Appuntamento a Interno Verde 2025, con nuove storie, ricette e tradizioni.
Tania Droghetti
Redattrice
Laureata in Scienze della Comunicazione, giornalista professionista, ama raccontare storie, meglio se a lieto fine, viaggiare, ma non ci riesce quasi mai, fare binge watching con le serie tv e partecipare alle rievocazioni storiche. Vive e lavora a Ferrara.
Anna Di Perna
Illustratrice
Illustratrice, classe 1995. Diplomata in pittura presso l’Accademia di Belle Arti di Bologna, decide di intraprendere la strada dell’illustrazione, sua grande passione. Le sue illustrazioni sono incentrate sull’introspezione, sulla poeticità dell’ordinario e sulla delicatezza dei gesti.
Giulia Nascimbeni
Fotografa | Art director di Interno Verde
Grafica e fotografa. Collabora con l’associazione Ilturco dal 2016, ovvero dalla prima edizione del festival dedicato ai giardini di Ferrara, è co-fondatrice della cooperativa Interno Verde, creata nel 2021 per supportare la crescita dell’evento. Se fosse una pianta sarebbe un agapanto.