Shinrin-Yoku, un tuffo nel verde

Come funziona la pratica giapponese del bagno nel bosco?

Parole di Anna Carolina Santangelo | Settembre 2024

© Barbara Arcari

Quando si parla di immersioni di solito il pensiero corre all’acqua, al mare. Ma esiste anche un altro tipo di bagno, legato a un diverso genere di profondità, quella verde della selva, un viaggio nella natura capace di “riportarci a casa”.

Shinrin-Yoku è un’espressione giapponese traducibile in bagno nel bosco, un rito che risponde alla necessità di andare a fondo. Indica una pratica nata in Oriente all’inizio degli anni Ottanta, frutto dello studio di scienziati, medici e storici, poi diventata nota a livello mondiale come Forest Bathing. La peculiarità di questo tipo di immersione consiste nel vivere il bosco e connettersi all’ecosistema, risvegliando ciò che ci appartiene ma che a volte sfugge ai nostri cinque sensi. Non prevede nessuna attività specifica, niente passeggiate avventurose, ma semplicemente un invito a stare.

© Barbara Arcari

Grazie all’enorme ricchezza forestale del nostro paese questa attività si è diffusa anche in Italia tramite vari canali di diffusione, tra cui l’associazione TeFFIt, acronimo per Terapie forestali in foreste italiane. Per capire meglio questo realtà Interno Verde Mag ha intervistato Barbara Arcari, conduttrice d’immersioni in foresta.

© Barbara Arcari

Il suo racconto parte dall’esperienza personale: «da sempre ho sentito un richiamo molto insistente da parte della natura e nella fattispecie del bosco. L’approccio che ho sposato è figlio di un bellissimo percorso di studio e formazione che ho fatto con TeFFIT, è un modo di andare in natura appoggiandosi alle proprie capacità sensoriali, piccole attività localizzate: tocchiamo, annusiamo, osserviamo».
La TeFFIT è un’associazione composta da studiosi, scienziati forestali e agronomi che sostiene la rete dei boschi terapeutici, selezionando attraverso la collaborazione del suo team i contesti dove svolgere le immersioni, valutati per il loro buon livello di biodiversità e biocomplessità.
I soci sono inoltre interessati a fornire evidenze scientifiche dei benefici portati della terapia: “fa registrare notevoli miglioramenti in alcuni parametri fisiologici. Si abbassano i livelli di cortisolo, l’ormone dello stress, la frequenza cardiaca diminuisce e si riduce il rischio di ammalarsi di depressione».

© Barbara Arcari

Dunque i bagni nel bosco aspirano ad aumentare il livello di benessere fisico ed emotivo delle persone, obiettivo che Barbara persegue con passione: «Ho sentito che in qualche modo potevo riportare le persone a casa, lo vivo come una missione. Quello che faccio è accompagnare in modo delicato. Dopo il momento di briefing iniziale spiego quello che si andrà a fare, propongo azioni che aiutano la mente ad avere un primo nesso con il bosco, per sentire le cose diversamente dal solito e far sì che si sprigioni l’effetto foresta».

Una vocazione quella di Barbara correlata all’importanza dell’evidenza scientifica:

«Grazie a TeFFIT ho appreso nozioni nuove, ho adottato un metodo scientifico; è importante far capire a chi partecipa che prendere parte ad un ciclo di immersioni produce un documentato effetto benefico. I bagni nel bosco che conduco durano dalle due alle tre ore e sono limitati a otto persone, per dare qualità all’immersione. Mi pongo gruppo accompagnato e il bosco, ma solo come facilitatrice, perché poi tutto il lavoro lo fa la foresta. L’attività cerca di focalizzarsi sul fatto che noi siamo natura e quel legame non si rompe mai, quindi quando facciamo le immersioni è come tornare a casa, cioè alla nostra vera essenza».

© Barbara Arcari

Dallo scorso autunno Barbara conduce le sue immersioni nell’area della Bisana, ovvero nell’area golenale del fiume Reno che segna il confine tra il ferrarese e il bolognese: un territorio tutelato, percorribile solo sui tracciati. La scelta è stata ponderata, è frutto di conoscenza profonda e diretta.
L’ha scelta e ne ha fatto conoscenza in prima persona, l’ha frequentata in tante ore del giorno e nelle diverse stagioni, ne ha assaporato luci ed ombre: un lavoro di studio fondamentale dell’area boschiva.

In base al proprio percorso di vita la stessa esperienza può assumere sfumature diverse. Racconta Alessia Varotto, studentessa di Servizio Sociale:

«utilizzare solo la vista o solo l’udito paradossalmente mi ha richiesto molta concentrazione e per me è stato sfidante relazionarmi con la natura in questo modo; al contempo ho sentito la sensazione di aver vissuto il momento come un dono. Questo tipo di contatto, così essenziale, mi ha fatto scoprire qualcosa di nuovo, mi ha riportato a me stessa».

Chiedendo a Silvia Peretto, operatrice di CSV Terre Estensi, di definire la sua esperienza due parole ritornano e si legano, lentezza e ritmo:

«Ho fatto l’immersione quattro volte, e sempre alla fine ho provato una sensazione di stanchezza piacevole, di rilassamento. Venivo da una situazione di velocità, per tutti gli impegni della vita lavorativa e quotidiana, ed è come se tra gli alberi avessi trovato un ritmo diverso, che mi corrisponde, come se il corpo stesso mi dicesse di aver bisogno di riposo e che in quel momento finalmente lo stessi assecondando».

Anna Carolina Santangelo

Redattrice

Pugliese, classe 1993; laureata in Scienze della Comunicazione a Ferrara. Per stare al mondo di avvale di arte, libri, cinema, musica, danza ecc.; crede nel valore della scrittura, nell’importanza delle parole e nell’osservazione della realtà che la circonda. I versi della scrittrice S. Plath identificano il suo rapporto con la natura “finalmente gli alberi mi toccheranno, i fiori avranno tempo per me”.

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