Speciale Interno Verde Ferrara 2024
Il festival, raccontato (e consigliato) da chi lo organizza
Parole di Licia Vignotto | Immagini di Giulia Nascimbeni | Settembre 2024
Raccontare cosa significa Interno Verde per Ferrara, e parimenti cosa significa Ferrara per Interno Verde, è difficile. Questa è la città dove il festival è nato ed è cresciuto, è la città in cui per la prima volta nel settembre 2016 “è successa la magia”. Non è immediato spiegare cosa fu quel primo evento a chi non ha avuto occasione di esserci. Col passare degli anni la manifestazione è diventata un classico, una tradizione, uno di quegli appuntamenti che regolano il susseguirsi delle stagioni, come i Buskers a fine agosto e il festival di Internazionale a inizio ottobre. Non importa se ci vai o se non ci vai, marcano il ticchettio del tempo, e poi una scappata ce la si fa sempre, anche non programmata, perché magari capita di passeggiare e infilarsi in una mostra di fotografia o ci si ferma incantati davanti a un musicista sconosciuto.
Interno Verde fa parte della città, sembra che esista da sempre, ma non è così. E quel debutto in tarda estate – in un posto come questo, di ancestrale vocazione agricola, dove la ripetitività è gioia e il riconoscimento è compiaciuto – fu un vero e proprio choc. Credevamo di poter chiamare per nome ogni ciottolo, ogni lastricato, ogni portone, ogni palazzo, ogni anfratto di questo antichissimo e affascinante e rassicurante abitato. Si spalancarono contemporaneamente, alle 10 di sabato mattina, quasi 30 porte e portoni: dall’altra parte c’era Narnia. Benvenuti nell’altra Ferrara! Azalee e verticali di gelsomino, voliere in ferro battuto e alberi monumentali, loggette, conigli, felci, melograni, svolazzi di api e farfalle, roseti imperturbati dai secoli, tronchi di glicini, orti monastici, frutteti, girandole colorate, vere da pozzo in pietra d’Istria, collezioni di agrumi in vaso, nanetti dipinti e palme, pesci rossi, un frullare di vita leggera e mobile.
Lo sconvolgimento riguardò in primis la percezione del tessuto urbano. Una città solida, bella densa di mattoni e muri spessi, lasciava per la prima volta intravedere i propri vuoti, una ragnatela vegetale che pervasiva brillava dentro spazi ritenuti pieni. La seconda scossa riguardò le facce, i volti, le voci. Chi abita qui lo sa: sembra di stare in paese… in realtà viviamo nelle stesse strade e piazze ma in tanti paesi diversi, che si sfiorano e non si toccano. Interno Verde ha esploso le cerchie, le bolle, e spinte dalla curiosità per i luoghi sconosciuti le persone si sono finalmente mescolate, salutate, sorrise.
A distanza di nove anni da quel momento le considerazioni che si potrebbero fare sono davvero tante. Proverò a circoscriverne due, che poi rappresentano i buoni motivi per cui farsi vivi nel capoluogo estense, sabato 14 e domenica 15 settembre, braccialetto di cotone al polso e mappa infilata nella tasca dei pantaloni.
La prima riguarda l’eccezionalità di Ferrara, perché non tutte le città sono uguali. Non tutte, anzi quasi nessuna, custodiscono un così ampio e variegato e stupefacente patrimonio verde all’interno del proprio nucleo. E a questo proposito non si può non dedicare un pensiero a Ercole I d’Este e all’architetto di corte, Biagio Rossetti. Fu il duca che – immaginando un fulgido futuro per la propria comunità, che si ingrandiva e arricchiva velocemente in epoca rinascimentale – volle distruggere una porzione delle vecchie mura medievali, coincidente con le attuali corso Giovecca e viale Cavour, per raddoppiare l’estensione del centro. Iniziò a regalare ad amici e conoscenti, e a parecchie confraternite religiose, i territori incolti, inglobati dentro il nuovo perimetro, ma lo sforzo fu vano. Ferrara non crebbe, non divenne la metropoli sognata, e in quella porzione di centro restarono ampi spazi liberi, non edificati, che si sono conservati fino ad oggi. Basti pensare all’area di Terraviva, quattro ettari di campagna a due passi dagli spritz di piazza Ariostea, e ai giardini che la circondano, da quello del vecchio Cimitero Ebraico, agli Horti della Fasanara.
La seconda considerazione riguarda la sommersa umanità di questo grande paese dei paesi, ovvero la miriade di gruppi informali, associazioni e realtà locali che tengono a Interno Verde, e che ogni anno si impegnano per organizzare in occasione del festival delle attività dedicate alla natura. Il programma è stato chiuso pochi giorni fa e a mala pena si è trovato lo spazio – sul retro della mappa cartacea – per infilarci almeno i titoli delle tantissime iniziative proposte. Alcune si è deciso di posticiparle al 2025, per poter riservare loro il giusto risalto. Collabora alla realizzazione dell’evento l’intera città, dalle istituzioni più consolidate e famose ai piccoli gruppi di attivisti per l’ambiente, da chi tutti i giorni si occupa di sostenibilità a chi non se ne occupa in realtà quasi mai, ma ha un bello spazio verde e ci tiene affinché possa essere vissuto e condiviso.
Premesso tutto ciò, che consigli dare a chi vorrà iscriversi? Cosa non bisognerebbe assolutamente perdere?
Il suggerimento per i neofiti non potrebbe essere più semplice: partire dalle basi. Vagare e scoprire, certo, ma senza perdere di vista i grandi classici, ovvero quei giardini segreti che fino a pochi anni fa nessuno aveva mai nemmeno immaginato e che col passare degli anni sono diventati a tutti gli effetti parte dell’immaginario condiviso cittadino. Qualche nome? Casa Hirsch ovviamente, alla quale Interno Verde negli anni ha dedicato approfondimenti e progetti specifici (si possono trovare qui) e Palazzo Sinz, dove sabato pomeriggio si potrà incontrare l’artista Silvia Molinari, specializzata in acquarello botanico, impegnata a dipingere dal vivo. Meglio di tutto sarebbe infilare nella passeggiata anche qualche chicca squisitamente autoctona, importante per comprendere il contesto. Si può citare il labirinto di siepi di Palazzo Costabili, accanto al quale si può ammirare anche lo splendido soffitto affrescato dal Garofalo, nella Sala del Tesoro, e il cortile di pietra di Casa Minerbi, oggi sede del Centro Studi Bassaniani, che preparerà per gli ospiti un’esposizione di oggetti e dattiloscritti originali dello scrittore, dedicata al suo romanzo più celebre, “Il Giardino dei Finzi-Contini”.
Per gli aficionados i suggerimenti sono tre. Innanzitutto approfittare dell’eccezionale allestimento dell’infopoint al Parco Pareschi, curato da Disco Verde, per lasciarsi stupire dalla bellezza di uno spazio spesso dato per scontato. La seconda indicazione riguarda il baluardo del Montagnone, dove per la prima volta apriranno per il festival gli spazi dell’associazione Mai da Soli e della scuola Musijam. Entrambe le realtà si trovano in cima alle Mura Estensi e godono di una visuale decisamente atipica sulla campagna circostante, ma non è solo una questione di panorama. Vale la pena fare un passaggio per ciò che di bello si potrà incontrare, tra orti rialzati e vecchie palle di cannone, brindisi in compagnia, concerti di flamenco e fisarmoniche.
Terzo e ultimo consiglio: studiare il programma, scegliere, se necessario prenotare. Ce n’è davvero per tutti i gusti, dalla danza contemporanea sotto al pioppo canescente di Palazzo dei Diamanti alle passeggiate letterarie al vecchio Parco delle Mutua (ribattezzato Parco Giordano Bruno, ma siamo inguaribili nostalgici).
Interno Verde, come sempre, come dal 2016, vi aspetta nei giardini!
Licia Vignotto
Redattrice | Responsabile del festival Interno Verde
Co-fondatrice dell’associazione Ilturco, che nel 2016 ha ideato e lanciato Interno Verde, e co-fondatrice dell’omonima cooperativa impresa sociale, creata nel 2021 per gestire al meglio l’evento. Responsabile del festival, descrive il suo lavoro “una via di mezzo tra l’investigatore privato e lo stalker”.
Giulia Nascimbeni
Fotografa | Art director di Interno Verde
Grafica e fotografa. Collabora con l’associazione Ilturco dal 2016, ovvero dalla prima edizione del festival dedicato ai giardini di Ferrara, è co-fondatrice della cooperativa Interno Verde, creata nel 2021 per supportare la crescita dell’evento. Se fosse una pianta sarebbe un agapanto.