Un giardino creolo a Venezia

Ovvero dove trovare piante esotiche, riflessioni sulla cura del suolo e… refrigerio, grazie alla Biennale

Parole di Ilaria Torresan | Agosto 2024

View of Creole Garden (2024) © Ivo Tavares

A Venezia ad agosto fa caldo. È un caldo un po’ diverso dalle altre città, perché Venezia, in effetti, sta sull’acqua, ma non sei al mare. Anzi, è proprio quell’acqua che fiancheggia le passeggiate a fregarti, perché il sole vi si riflette, e quasi acceca. Ci si chiede se tutto questo caldo non sia dato anche dal fatto che a Venezia di alberi ce ne sono pochi.
Qualche giardino qua e là, però, anche se raro, lo si trova. Ce n’è uno davanti al quale chiunque prima o poi si imbatte, che è quello di Palazzo Franchetti, un edificio monumentale con un giardino ottocentesco, visibile dal Ponte dell’Accademia.

Ci piace pensare che il padiglione del Portogallo, intitolato Greenhouse e ospitato proprio a Palazzo Franchetti in occasione della Biennale Arte 2024, voglia mettersi in dialogo con questo giardino.

The higher the fall, the greater the rise (2024) By Monica de Miranda © Ivo Tavares

Salendo lo scalone monumentale del palazzo, su fino alla biblioteca, ci si trova immersi in un piccolo giardino al chiuso: sul pavimento in legno sono state installate delle aiuole che contengono delle piante, alcune riconoscibili, altre decisamente meno comuni. Si tratta di piante esotiche selezionate dall’artista Monica de Miranda, che, assieme alla coreografa Vania Gala e alla ricercatrice e attivista Sonia Vaz Borges, ha curato il padiglione basandosi sul modello del giardino creolo, ovvero sugli orti di “resistenza” che gli schiavi neri coltivavano all’oscuro del padrone, in opposizione alle monocolture delle piantagioni nelle quali lavoravano, ricchi di biodiversità e che sfruttavano i principi dell’agricoltura sintropica.

Il giardino creolo è geograficamente e storicamente collocato, tuttavia può assumere un significato più esteso. Lo scrittore martinicano Éduard Glissant utilizza il termine creolizzazione per indicare quel processo culturale in grado di creare nuove forme d’arte accettate da tutte le diverse culture presenti in uno stesso territorio (il jazz è un esempio).

Adottando questa prospettiva, il giardino creolo proposto da Greenhouse non è solo una composizione di piante sintropiche, ma diventa uno spazio di confronto e di apprendimento, pensato come luogo di incontro tra arte, teoria e didattica, un terreno nel quale piantare dei semi eterogenei, che possano impollinarsi uno con l’altro e dare dei frutti che siano in grado di incrementare la conoscenza e la comprensione del termine “straniero” e le varie concezioni che porta con sé.

School of revolution (2024) By Monica de Miranda © Matteo Losurdo

Mentre si passeggia tra queste piante, si percepisce un leggero odore di terra bagnata nella stanza, e il passo che scricchiola sul legno è attirato da delle voci che provengono dalle sale laterali. In una di queste si possono ascoltare delle conversazioni sul modo in cui la politica viene esercitata nello spazio costruito e nello spazio conquistato. Queste conversazioni sono prese dal podcast nato dal progetto editoriale The Funambulist, avviato nel 2010 da Leopold Lambert (architetto di formazione), che si propone come piattaforma che raccoglie ricerche, opere d’arte, saggi e progetti per la lotta anticoloniale, antirazzista, anticapitalista, queer e femminista.

© Ilaria Torresan

© Ilaria Torresan

Proseguendo la passeggiata verso un’altra stanza, ci si può sedere ad ascoltare le storie di Walking Archives, una raccolta di racconti personali di patrioti che hanno lottato per la liberazione del loro paese dal colonialismo.

Queste due installazioni sonore costituiscono quello che le curatrici hanno definito “Archivio vivente”, cioè un archivio collettivo, che cerca di andare oltre le narrazioni tradizionali dei temi sopracitati. Come suggerisce il nome, questo archivio non è mai definitivo, al contrario viene costantemente arricchito. E non c’è bisogno di essere archivisti, o artisti, o attivisti per prendere parte al suo perfezionamento.

Time step (2024) By Monica de Miranda © Anna Jaroz

Time step (2024) By Monica de Miranda © Anna Jaroz

Le curatrici hanno infatti previsto un ricco programma di attività e iniziative per il pubblico, al quale chiunque è invitato a prendere parte, e che diventa un elemento fondamentale per alimentare l’archivio vivente.
Prendendo spunto dalle teorie di Glissant sulla creolizzazione, questi incontri vogliono stimolare il dialogo e creare uno spazio condiviso per la contaminazione di idee.

I prossimi eventi del padiglione si svolgeranno il 3 e il 5 settembre: il primo incontro sarà dedicato alla promozione di alcuni collettivi artistici provenienti dal sud del mondo e di alcune comunità artistiche appartenenti alla diaspora africana. La conversazione si concentrerà in particolare sul ruolo di artisti e artiste, curatori e curatrici per la diffusione di nuovi modi di vedere l’arte in queste comunità e i loro processi creativi.

Il secondo incontro, previsto per giovedì 5 settembre, avrà come protagonista l’attivista ambientale Vandana Shiva, e verterà sull’importanza del suolo, e di come il prendersene cura costituisce non solo un atto politico, ma anche il punto di partenza per la costruzione di un futuro più sostenibile.

Mirror Mirror on the Wall (2024) By Monica de Miranda © Matteo Losurdo

Ilaria Torresan

Redattrice

Appassionata di arte, architettura, design, musica e cinema, crede nel valore sociale della cultura, specie quando si tratta di preservazione ambientale. Non ha il pollice verde, ma ama i fiori e le piante di suo papà. Nel tempo libero parla ai microfoni.

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