Signor Cervo, gradisce un tè?
Una passeggiata al Richmond Park di Londra, a due passi dalla City
Parole, foto e illustrazioni di Laura Bonini | Aprile 2024
Spesso, quando si ha davanti una mappa di Londra, parte della città è celata dalla popolarità della City, con le sue attrazioni turistiche e i celeberrimi Hyde e Regent’s Park, ma quella grande macchia verde a sud-ovest, così vicina al Tamigi e a Kew Gardens, non resta certo inosservata. Si tratta di Richmond Park, uno dei Royal Parks, il più esteso parco urbano recintato d’Europa, la più grande National Nature Reserve di Londra nonché zona di interesse scientifico e di conservazione che vanta un’impressionante area di 955 ettari e più di ottocento anni di storia.
La zona era apprezzata dai reali inglesi già nel Tredicesimo secolo, ma con il nome Manor of Sheen: fu Enrico VII conte di Richmond a nominare l’area nel 1501, trasformandola in un sito di caccia al cervo, inaugurato come uno dei Royal Parks nel 1625. Il parco ospita da allora una nutrita popolazione di cervi reali e daini che vagano liberamente entro le mura del parco. Queste, a partire dal Diciassettesimo Secolo, permettono l’accesso al pubblico attraverso cinque cancelli monumentali.
Poco sembra essere cambiato nel panorama del parco negli scorsi due secoli: al centro balzano all’occhio i Pen Ponds, laghetti artificiali scavati nel 1746 che si possono ammirare dalla cima della collina che ospita, circondato da querce inglesi centenarie, il White Lodge, una sede della Royal Ballet School resa celebre dal film Billy Elliot. Nel punto più alto del parco sorge Pembroke Lodge, un palazzo di epoca georgiana incastonato in ordinati giardini e pergolati di rose inglesi che danno ad ovest sulla Valle del Tamigi (da lassù si può scorgere il castello di Windsor) e a est, se si guarda attraverso il cannocchiale sulla collinetta di King Henry’s Mound, prediletta da Enrico VIII, permette di vedere la cupola della Cattedrale di Saint Paul. Pembroke Lodge è aperto al pubblico come sala da tè e, grazie all’eleganza degli interni e della natura che lo circonda, non sorprende sia uno dei luoghi più ambiti d’Inghilterra per celebrare matrimoni.
Ma Richmond Park custodisce un’altra gemma che varia con il susseguirsi delle stagioni ancora più dello splendido parco circostante: Isabella Plantation.
Entrare in un giorno di aprile a Richmond Park, è un’esperienza che muove meraviglia. Qui è facile dimenticarsi di essere in città, non sono i grattacieli di vetro e acciaio ad affollare l’orizzonte, ma verdi chiome tondeggianti. Richmond Park pullula di abitanti della zona, alcuni in tenuta da jogging, altri in sella alle biciclette o a cavallo, molti a spasso con cani e bambini. Poi in lontananza si muove qualcosa: una mandria di daini. Non hanno nessun timore dell’uomo, anzi, non mancano cartelli che consigliano di mantenere almeno 50 metri di distanza da questi animali che, seppure miti, restano selvatici. Attraversando il parco verso sud, a pochi passi da cerbiatti dalle corna ancora in formazione, si costeggiano così sia il White Lodge sia i Pen Ponds, e tra le migliaia di alberi secolari dai tronchi bulbosi, ritorti e cavi, zone paludose e distese di prati —verde smeraldo in primavera e dorati d’estate— si raggiunge l’ingresso di un “parco nel parco”. Il cuore di questa matrioska è Isabella Plantation, un giardino boschivo ornamentale di 40 acri.
Isabella Plantation nacque nel 1831 come terreno recintato per la coltivazione di faggi, querce e castagne per proteggere queste piante dai cervi, ghiotti dei loro frutti. Verso la metà del secolo scorso questa subì una trasformazione radicale, ed è grazie al capo giardiniere di Richmond Park, Wally Miller, se oggi possiamo passeggiare tra cespugli di erica attraversati da ruscelli, distese di giacinti di bosco blu, alberi di camelia. E non solo: grazie alla presenza di paesaggio boschivo e paludoso, di brughiera e laghetti, la bellezza del luogo va di pari passo con la grande biodiversità in esso conservata, da funghi a coleotteri, da farfalle ad oltre 70 specie di uccelli, tra cui anatre mandarine e oche egiziane.
In aprile Isabella Plantation si colora del giallo oro delle ginestre e della calta palustre, del rosa dei grandi petali delle magnolie profumate, il granata e bianco candido dei grandi fiori di Camelia japonica che contrastano con le foglie scure e lucide intorno, il tutto in un susseguirsi di fioriture ed esclamazioni di stupore. Ma nulla può preparare il visitatore ai fucsia e arancione delle azalee (in fiore fino a metà maggio), ai grappoli di fiori rosso cremisi dei Rhododendron ‘Bibiani’ e della varietà ‘Sylvester’: seguendo il sentiero che costeggia il ruscello sembra di trovarsi in un giardino di nuvole al tramonto.
Tutto ciò non sarebbe possibile senza il lavoro dello staff dei Royal Parks e del National Trust, ma anche il comportamento dei visitatori è fondamentale. I cittadini londinesi sono consapevoli di avere a disposizione un bene prezioso, da loro rivendicato nel 1637. Allora il parco sarebbe dovuto diventare una tenuta di caccia murata ad uso esclusivo del re, ed è grazie alle loro proteste se oggi possiamo aggirarci con rispetto e gratitudine tra i cervi e le querce millenarie di Richmond Park.
Laura Bonini
Redattrice
Laura Bonini è nata nel 1999 ed è originaria di Sermide, Mantova. È Laureata in Lingue Mercati e Culture dell’Asia, studia Lingua e Cultura Italiane per Stranieri all’Università di Bologna. I suoi diari di viaggio raccolgono ricordi in inchiostro e acquerello. Se volete farle gli auguri, il suo compleanno è il 30 settembre.